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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 29 marzo 2010 n° 43. Richiesta risarcimento danni per anomalo andamento dei lavori.Non opera la decadenza per la mancata iscrizione di riserve: a) nel registro di contabilità non correttamente istituito secondo precedetti regolamentari ovvero nell’ipotesi di contabilità informe ed irricostruibile; b) nell’atto di sottomissione della perizia di variante; c) negli ordini di servizio. Nullità della clausola contrattuale che prevede l’iscrizione di riserve a mezzo raccomandata A.R. Irrilevanza, ai fini della tempestività della riserva, dell’eccezione sollevata dal committente circa la mancata contestazione, da parte dell’impresa, nel verbale di consegna dei lavori e/o nel verbale di cui all’art. 71 del D.P.R. 554/1999

Prof. Avv. Stefano d’Ercole (Presidente del Collegio Arbitrale)

Ing. Arturo Varzi (Impresa e Consulente di parte

3. Sulla decadenza dell’Impresa per mancata formulazione delle riserve – Il Comune di YYY ha altresì eccepito l’intervenuta decadenza dell’Impresa dalla possibilità di articolare qual si voglia richiesta in ragione dell’asserita mancata apposizione delle riserve sul registro di contabilità
Ha affermato il Comune che sarebbero stati dall’Impresa incondizionatamente sottoscritti i registri contabili, con conseguente decadenza, ai sensi dell’art. 165 del D.P.R. n. 554 del 1999.
Il Comune ha diffusamente dedotto in ordine alle argomentazioni svolte dall’Impresa per confutare l’eccezione ora in esame.
Il Comune ha contestato l’assunto sostenuto dalla Varzi secondo la quale i registri contabili e i libretti delle misure relativi ai vari stati di avanzamento lavori avrebbero presentato irregolarità tali da integrare addirittura l’inesistenza degli stessi, sottolineando che ove così fosse stato, non si comprenderebbe come l’appaltatore abbia potuto, pienamente e liberamente, sottoscrivere tali documenti contabili e come sia stato possibile, sulla base degli stessi asseritamente “inesistenti” documenti, l’emissione dei certificati di pagamento regolarmente incassati dall’Impresa, per cui gli stessi documenti contabili accettati e approvati ai fini della liquidazione, diverrebbero irregolari, inutilizzabili ed addirittura inesistenti per l’apposizione delle riserve.
Secondo il Comune nessuna incidenza sulla mancata iscrizione delle riserve può avere la modalità di redazione della contabilità, avvenuta “in partita provvisoria” poiché il comma 6 dell’art. 165 D.P.R. n. 554 del 1999, invocato dall’Impresa, troverebbe applicazione solo quando le contestazioni da sollevare siano di natura contabile ed afferenti l’esattezza della registrazione per come effettuata, non anche per compensi aggiuntivi rispetto a quelli contrattuali. Né – sempre secondo il Comune – sarebbe possibile iscrivere le riserve direttamente in sede di redazione del conto finale, atteso che, come pacificamente affermato dalla giurisprudenza, l’appaltatore ha l’onere di iscrivere le riserve immediatamente, non appena percepisce la portata lesiva degli eventi (anche se non è ancora quantificabile il danno), formulando nei successivi 15 giorni le relative domande ed infine riproporle nel conto finale; in difetto l’appaltatore è da considerare irrimediabilmente decaduto da ogni pretesa.
L’Amministrazione ha altresì contestato l’assunto dell’Impresa secondo la quale la mancata iscrizione di riserve sarebbe dovuta all’insufficienza di spazio nei registri di contabilità, assumendo che al fine di evitare la decadenza sarebbe stata sufficiente le mera apposizione della dicitura “con riserva” prima della sottoscrizione del registro.
Secondo la Committente nulla impediva all’impresa Varzi di formulare tempestivamente le proprie richieste nei registri di contabilità e se essa a ciò non ha provveduto, sarebbe solo perché non esistevano valide ragioni per apporre riserve, in quanto non vi sarebbe stata alcuna inadempienza, lacuna progettuale o colpevole ritardo dell’Amministrazione e, di conseguenza, nessuna maggiore somma sarebbe da quest’ultima dovuta, con conseguente temerarietà della lite.
Ha affermato il Comune che l’Impresa avrebbe dimostrato in varie occasioni la sua piena e incondizionata accettazione delle modalità di svolgimento dei lavori, sottoscrivendo numerosi atti relativi all’appalto ed ha a tal proposito sottolineato che l’Impresa Varzi ha sottoscritto il verbale di consegna parziale dei lavori, quello di consegna definitiva, nonché il verbale di sospensione – tutti atti potenzialmente idonei a ricevere riserve – senza che vi sia alcun cenno ad oneri aggiuntivi o ulteriori diritti derivanti dall’esecuzione del contratto.
Inoltre, l’Impresa avrebbe accettato, senza alcuna contestazione, l’atto di sottomissione del 15 dicembre 2003, con gli allegati di progetto della prima perizia di variante e lo schema di atto di sottomissione dell’11 aprile 2005, comprensivo degli atti progettuali, della seconda perizia di variante. Ha dedotto l’Amministrazione che l’incondizionata sottoscrizione di tali atti ne implicherebbe la piena accettazione, proprio perché “negoziali” e perché aventi ad oggetto diritti disponibili. E ciò perché sarebbero rilevanti anche i semplici comportamenti delle parti, per desumere la volontà di rinunciare ai maggiori oneri (al riguardo il Comune ha richiamato Cass. Civ. sez. I, 17 settembre 2008 n. 23783; Cass. Civ. sez. I, 16 aprile 2008 n. 10054; Trib. Monza, 10 settembre 2007).
Ne consegue, secondo il Comune, che nessun compenso aggiuntivo rispetto al prezzo contrattuale spetterebbe all’Impresa in relazione a quanto pacificamente accettato con l’approvazione degli atti di cui sopra.
Inoltre – sempre secondo quanto esposto dall’Amministrazione – non si riscontrerebbero ritardi, difetti di progettazione o problemi nell’esecuzione dell’appalto, nemmeno negli ordini di servizio, i quali, sebbene inidonei a ricevere riserve, sono comunemente utilizzati dagli appaltatori per osservazioni di varia natura. Assume il Comune che i fatti lamentati nel corso del procedimento arbitrale, avrebbero assunto rilevanza e contezza per l’appaltatore solo a distanza di diversi anni dal loro verificarsi, in occasione dell’inizio del contenzioso.
L’Amministrazione ha altresì dedotto che l’appaltatore disponeva di un ulteriore strumento per la formulazione delle riserve, oltre a quelli tipicamente riconosciuti dalle norme vigenti, in quanto l’art. 46 del capitolato speciale di appalto gli consentiva di formulare riserva mediante lettera raccomandata “entro 15 giorni da quando i fatti che la motivano si siano verificati o siano venuti a sua conoscenza”. L’Impresa non avrebbe utilizzato neanche questa modalità di formulazione delle riserve.
Pertanto, il Comune ha conclusivamente dedotto che l’Impresa, pur disponendo di una pluralità di strumenti per avanzare le proprie supposte pretese nel corso dello svolgimento dell’appalto, non li avrebbe mai utilizzati e sarebbe irrimediabilmente decaduta da ogni supposto diritto.
L’Impresa ha svolto molteplici argomenti finalizzati a confutare la fondatezza dell’eccezione ora in esame, argomenti già schematicamente esposti, sia pure attraverso il riepilogo delle deduzioni del Comune.
3.1. L’eccezione di decadenza formulata dal Comune è infondata e deve essere respinta.
Ai fini del corretto apprezzamento dell’eccezione ora in esame, è necessario richiamare succintamente la disciplina applicabile al rapporto contrattuale; al riguardo vengono in considerazione le disposizioni contenute nell’art. 165 del D.P.R. n. 554 del 1999, che risulta opportuno riprodurre testualmente. Recita il citato art. 165 che «1. Il registro di contabilità è firmato dall’appaltatore, con o senza riserve, nel giorno in cui gli viene presentato.
2. Nel caso in cui l’appaltatore non firmi il registro, è invitato a farlo entro il termine perentorio di quindici giorni e, qualora persista nell’astensione o nel rifiuto, se ne fa espressa menzione nel registro.
3. Se l’appaltatore ha firmato con riserva, egli deve a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, esplicare le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede aver diritto, e le ragioni di ciascuna domanda.
4. Il direttore dei lavori, nei successivi quindici giorni, espone nel registro le sue motivate deduzioni. Se il direttore dei lavori omette di motivare in modo esauriente le proprie deduzioni e non consente alla stazione appaltante la percezione delle ragioni ostative al riconoscimento delle pretese dell’appaltatore, incorre in responsabilità per le somme che, per tale negligenza, l’amministrazione dovesse essere tenuta a sborsare.
5. Nel caso in cui l’appaltatore non ha firmato il registro nel termine di cui al comma 2, oppure lo ha fatto con riserva, ma senza esplicare le sue riserve nel modo e nel termine sopraindicati, i fatti registrati si intendono definitivamente accertati, e l’appaltatore decade dal diritto di far valere in qualunque termine e modo le riserve o le domande che ad essi si riferiscono.
6. Ove per qualsiasi legittimo impedimento non sia possibile una precisa e completa contabilizzazione, il direttore dei lavori può registrare in partita provvisoria sui libretti, e di conseguenza sugli ulteriori documenti contabili, quantità dedotte da misurazioni sommarie. In tal caso l’onere dell’immediata riserva diventa operante quando in sede di contabilizzazione definitiva delle categorie di lavorazioni interessate vengono portate in detrazione le partite provvisorie».
Il rapporto è altresì regolato anche dalle norme di cui al D.M. Lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145 (con il quale è stato approvato il capitolato generale dei lavori pubblici), che – giusta l’art. 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.i. – trova applicazione a tutti i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), ossia «alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agli enti pubblici, compresi quelli economici, agli enti ed alle amministrazioni locali, alle loro associazioni e consorzi nonché agli altri organismi di diritto pubblico» e, pertanto, anche al Comune di YYY.
L’art. 1 del citato D.M. n. 145 dispone espressamente che «1. Il capitolato generale d’appalto, in prosieguo denominato capitolato, contiene la disciplina regolamentare dei rapporti tra le amministrazioni aggiudicatrici e i soggetti affidatari di lavori pubblici.
2. Le disposizioni del capitolato devono essere espressamente richiamate nel contratto di appalto; esse si sostituiscono di diritto alle eventuali clausole difformi di contratto o di capitolato speciale, ove non diversamente disposto dalla legge o dal regolamento.
3. Ai fini del presente capitolato per regolamento si intende il regolamento di cui all’articolo 3 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni»; mentre l’art. 31, comma 2, del medesimo D.M. dispone che «Le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell’appaltatore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve devono essere iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate»
Inoltre, occorre ricordare la disciplina contenuta nel capitolato speciale di appalto il cui art. 45 dispone «Nel caso che l’Appaltatore ritenga che le disposizioni impartite dalla Direzione dei Lavori siano difformi dai patti contrattuali, o che le modalità esecutive comportino oneri più gravosi di quelli previsti dal presente capitolato, tali da richiedere la formazione di un nuovo prezzo o speciale compenso, dovrà, a pena di decadenza, formulare le proprie eccezioni e riserve nei tempi e modi previsti dalla normativa vigente», mentre il successivo art. 46 prevede che «Tutti i lavori dovranno essere eseguiti secondo quanto contenuto e prescritto dai documenti contrattuali. (…omissis…) Il Direttore dei Lavori segnalerà tempestivamente all’Appaltatore le eventuali opere che ritenesse non eseguite in conformità alle prescrizioni contrattuali o a regola d’arte; l’Appaltatore provvederà a perfezionarle a sue spese. Qualora l’Appaltatore non intendesse ottemperare alle disposizioni ricevute, il Committente avrà la facoltà di provvedervi direttamente o a mezzo di terzi (… omissis …) Insorgendo controversie su disposizioni impartite dal Direttore dei lavori o sulla interpretazione delle clausole contrattuali l’Appaltatore potrà formulare riserva entro 15 (quindici) giorni da quando i fatti che la motivano si siano verificati o siano venuti a sua conoscenza. La formulazione delle riserve dovrà effettuarsi mediante lettera raccomandata».
Così ricostruita la disciplina delle riserve applicabile al contratto, appare evidente l’infondatezza dell’eccezione formulata dal Comune che trova argomento nell’art. 46 del capitolato speciale. Come innanzi rammentato il Comune ha affermato che l’Impresa, ai sensi dell’art. 46 del capitolato speciale di appalto, avrebbe dovuto, quanto meno, formulare riserva a mezzo raccomandata a.r. entro 15 (quindici) giorni decorrenti dal momento in cui i fatti su cui la riserva si fonda si fossero verificati o fossero venuti a sua conoscenza. Secondo il Comune, pertanto, il capitolato avrebbe consentito la formalizzazione delle riserve anche mediante raccomandata a.r., indipendentemente dalla predisposizione di un atto amministrativo-contabile, da parte della Direzione lavori.
Tale assunto è destituito di fondamento per autonome e concorrenti ragioni.
Preliminarmente, occorre rammentare che il combinato disposto dell’art. 1, comma 2, e dell’art. 31, comma 2, del D.M. n. 145 del 2000, impone di ritenere che l’art. 46 del capitolato speciale sia colpito da nullità – per contrarietà a norma regolamentare imperativa – e sostituito automaticamente dalle disposizioni del capitolato generale. È infatti palese la difformità tra la modalità di formalizzazione delle riserve prevista dall’art. 46 – raccomandata a.r., che prescinde dalla formazione di un atto da parte del Committente – e l’art. 31, comma 2, del D.M. n. 145 del 2000 che – di contro – pone l’onere, a pena di decadenza, della formalizzazione della riserva sul primo atto idoneo a riceverla, atto dell’appalto che certo non può essere una lettera raccomandata e che non può che essere individuato in un atto predisposto dal Committente. Ne deriva che la disposizione invocata dal Comune, proprio nella parte espressamente richiamata, deve essere ritenuta nulla e – conseguentemente – del tutto priva di effetti.
Le considerazioni appena svolte sarebbero già sufficienti ad escludere che l’Impresa avesse l’onere di formalizzare le proprie riserve, a pena di decadenza, mediante lettera raccomandata a.r. entro i quindici giorni decorrenti dalla data in cui si siano manifestate le circostanze sulle quali le riserve si fondano ovvero delle stesse l’Impresa abbia avuto contezza. Occorre sottolineare che l’inidoneità dell’art. 46 del capitolato speciale di appalto – invocato dal Comune a sostegno della propria eccezione – a confortare l’assunto dell’Amministrazione deriva anche da altra autonoma e concorrente argomentazione. Ritiene, infatti, il Collegio che l’art. 46 capitolato speciale di appalto non trovi applicazione alle riserve oggetto del presente procedimento e, comunque, la disposizione innanzi richiamata metta capo ad una modalità di formalizzazione della riserva meramente facoltativa. Come innanzi rammentato, nel capitolato speciale di appalto l’iscrizione delle riserve è disciplinata, in via generale ed esclusiva, dall’art. 45 che, ai fini della formalizzazione delle riserve, richiama espressamente i tempi ed i modi previsti dalla vigente normativa, mentre l’art. 46 del capitolato speciale – rubricato “Prove e verifiche dei lavori, Riserve dell’Appaltatore”, nell’ambito del titolo VII – CONTROLLI – disciplina, invero, le sole richieste riguardanti eventuali disposizioni della Direzione dei lavori per l’adeguamento di opere che la Direzione lavori considera non siano state eseguite in conformità alle prescrizioni contrattuali e che l’appaltatore ritenesse di voler contestare. L’ambito oggettivo di operatività della indicata disposizione è, pertanto, assai più limitato rispetto a quanto previsto dal precedente art. 45, il che già conduce ad escludere che essa possa avere qual si voglia rilevanza in ordine alle riserve oggetto del presente procedimento.
Infine, ad escludere che dall’omessa formalizzazione delle riserva mediante raccomandata a.r. possa derivare la decadenza eccepita dal Comune, si pone decisivamente poi la circostanza che l’indicato art. 46 del capitolato speciale prevede che «Insorgendo controversie su disposizioni impartite dal Direttore dei lavori o sulla interpretazione delle clausole contrattuali l’Appaltatore potrà formulare riserva entro 15 (quindici) giorni da quando i fatti la motivano si siano verificati o siano venuti a sua conoscenza», con la conseguenza che la formulazione della riserva mediante raccomandata a.r. deve ritenersi meramente facoltativa, il che di per sé esclude che dall’omessa formalizzazione della riserva mediante raccomandata possa derivare la decadenza dell’Impresa.
Infine, occorre sottolineare che l’art. 46 del capitolato speciale di appalto – coerentemente con la facoltatività della modalità di formalizzazione mediante raccomandata a.r. – non prevede affatto la decadenza quale conseguenza della omessa formalizzazione delle richieste, né tale decadenza può essere desunta in via estensiva ovvero in via analogica, attesa l’esigenza di procedere ad una interpretazione restrittiva delle norme che prevedano la decadenza, in ragione delle rilevanti conseguenza da essa derivanti. Nel caso in esame, l’art. 46 non prevede la decadenza, per cui essa non può essere interpretativamente essere affermata.
Sulla scorta di quanto precede, il Collegio ritiene che la mancata formalizzazione delle riserve mediante raccomandata a.r. non possa comportare alcuna decadenza per l’Impresa.
3.2. La conclusione parziale innanzi raggiunta consente di passare ora all’esame della tesi fondamentale sostenuta dall’Impresa, la quale ha escluso l’esistenza di un proprio onere di formulazione della riserve, in ragione della irregolare tenuta del registro di contabilità.
In relazione a tale delicato aspetto della controversia, occorre rammentare che l’art. 163 del D.P.R. n. 554 del 1999, dispone che «1.Le annotazioni delle lavorazioni e delle somministrazioni sono trascritte dai libretti delle misure in apposito registro le cui pagine devono essere preventivamente numerate e firmate dal responsabile del procedimento e dall’appaltatore.
2. L’iscrizione delle partite è fatta in ordine cronologico. Il responsabile del procedimento, su proposta del direttore dei lavori, può prescrivere in casi speciali che il registro sia diviso per articoli, o per serie di lavorazioni, purché le iscrizioni rispettino in ciascun foglio l’ordine cronologico. Il registro è tenuto dal direttore dei lavori o, sotto la sua responsabilità, dal personale da lui designato».
In relazione a tale disposizione, l’Impresa ha dedotto che:
a) il registro di contabilità non sarebbe stato univocamente “istituito”, poiché sono stati prodotti dalla Direzione dei lavori, per ogni stato di avanzamento, diversi esemplari in “originale”, con conseguente incertezza in ordine alla versione a cui avrebbe potuto eventualmente attribuirsi efficacia, nell’ipotesi di contestazioni;
b) una rilevantissima irregolarità formale sarebbe costituita dalla obiettiva circostanza che il documento – secondo l’Impresa, impropriamente – denominato registro non ha pagine numerate e bollate dal competente Ufficio erariale, in difformità dal precetto regolamentare di cui all’art. 183, comma 4, D.P.R. n. 554 del 1999;
c) il documento denominato registro non sarebbe stato preventivamente numerato e controfirmato, in ogni pagina, dal Responsabile del Procedimento e dall’Appaltatore. Inoltre l’Impresa ha dedotto che molte pagine (anche alcune recanti l’oggetto dei lavori) non riportano la firma del responsabile unico del procedimento, né quella dell’impresa, così come alcune pagine interne contenenti le registrazioni di tutti i lavori eseguiti, non sono affatto sottoscritte o siglate dal responsabile unico del procedimento.
Ritiene il Collegio che le dedotte circostanze di fatto – peraltro mai contestate dal Comune, che s’è limitato a dedurre in ordine alla loro irrilevanza circa l’esistenza della contabilità – siano obiettivamente rispondenti al vero, come risulta da un esame della documentazione in atti. Peraltro, le indicate circostanze hanno trovato conferma anche dalla CTU che ha esaminato il registro di contabilità ed ha esposto quanto segue:
«Per quanto concerne il Registro di contabilità e il libretto delle misure si osserva preliminarmente che le copie esibite dall’impresa e dall’Amministrazione Comunale di YYY non sono coincidenti, anche con riferimento alle posizioni delle sottoscrizioni dei soggetti interessati (D.L., impresa, R.u.p.) con la conseguente deduzione che, sicuramente, in corso d’opera sono stati redatti esemplari dei suddetti atti.
Ad ogni modo, considerato che il quesito peritale è volto ad accertare la sussistenza o meno di riserve e, considerato che la finalità della riserva è quella di far conoscere all’Amministrazione Appaltante eventuali pretese dell’appaltatore la sottoscritta CTU ritiene di illustrare a C/o On.le Collegio i contenuti della versione esibita dal Comune di YYY.
Ciò premesso va osservato che il documento denominato Registro di Contabilità e depositato in atti dal Comune di YYY è così composto:
Un primo foglio, con la dicitura “pag. 1” recante l’intestazione del Comune di YYY, l’oggetto dei lavori, il nominativo dell’impresa appaltatrice, la dicitura “Registro di contabilità n° 1 composto da n. 2 pagine”, che non risulta essere sottoscritta da alcun soggetto (impresa, D.L., R.u.p.)
Un secondo foglio, con la dicitura “pag. 2” in cui è riportata un’unica registrazione dei lavori complessivamente eseguiti al primo SAL fino al 21/01/2003 (Collettore Principale, aliquota 25,38%, € 186.122,94), senza allibramenti intermedi e/o progressivi secondo l’ordine cronologico di esecuzione delle opere eventualmente distinguibili per categorie (movimenti di materia e demolizioni, opere varie, condotte, calcestruzzi, pozzetti e chiusini, pavimentazioni) per come distinte all’art. 38 del Capitolato Speciale di Appalto.
Detta pagina è sottoscritta unicamente da 2 Direttori Lavori ma non dall’impresa e dal R.u.p.;
Un terzo foglio, con la incongruente dicitura “pag. 1” recante l’intestazione del Comune di YYY, l’oggetto dei lavori, il nominativo dell’impresa appaltatrice, la dicitura “Registro di contabilità n° 1 composto da n. 2 pagine”, che non risulta essere sottoscritta da alcun soggetto (impresa, D.L., R.u.p.)
Un quarto foglio, con la incongruente dicitura “pag. 3” in cui è riportata un’unica registrazione dei lavori complessivamente eseguiti al secondo SAL fino al 23/04/2003 (Collettore Principale, aliquota 23,65%, € 173.416,34), senza allibramenti intermedi tra primo e secondo SAL e/o progressivi secondo l’ordine cronologico di esecuzione delle opere eventualmente distinguibili per categorie (movimenti di materia e demolizioni, opere varie, condotte, calcestruzzi, pozzetti e chiusini, pavimentazioni) per come distinte all’art. 38 del Capitolato Speciale di Appalto.
Detta pagina è sottoscritta unicamente da 2 Direttori Lavori ma non dall’impresa e dal R.u.p.;
Un quinto foglio, prodotto in copia conforme all’originale, con la incongruente dicitura “pag. 4” recante l’intestazione del Comune di YYY, l’oggetto dei lavori, il nominativo dell’impresa appaltatrice, la dicitura “Registro di contabilità n° 1 da pagina 4 a pagina 5”, che risulta essere sottoscritta solo dal R.u.p. ma non dall’impresa
Un sesto foglio, con la incongruente dicitura “pag. 5”, in cui è detratta la registrazione dei SAL precedenti per il collettore principale (a seguito redazione perizia di variante) e si riportano n° 3 registrazioni per i lavori complessivamente eseguiti al terzo SAL fino al 29/04/2004 (rispettivamente per il Collettore Principale aliquota 65,05% per € 500.935,36, per il Collettore di Via Pietro Nenni aliquota 3,22% per € 24.794,26, per il Collettore di Via Nazionale Nord e raccolta acque bianche aliquota 3,65% per € 28.120,98), senza allibramenti intermedi tra secondo e terzo SAL e/o progressivi secondo l’ordine cronologico di esecuzione delle opere eventualmente distinguibili per categorie (movimenti di materia e demolizioni, opere varie, condotte, calcestruzzi, pozzetti e chiusini, pavimentazioni) per come distinte all’art. 38 del Capitolato Speciale di Appalto.
Detta pagina è sottoscritta da quattro Direttori Lavori e dall’impresa ma non dal R.u.p.;
Un settimo foglio, prodotto in copia conforma all’originale, con la incongruente dicitura “pag. 6” recante l’intestazione del Comune di YYY, l’oggetto dei lavori, il nominativo dell’impresa appaltatrice, la dicitura “Registro di contabilità n° 1 da pagina 6 a pag. 7”, che risulta essere sottoscritta solo dal R.u.p. ma non dall’impresa
Un ottavo foglio, con la incongruente dicitura “pag. 7”, in cui è detratta la registrazione del SAL precedente per il collettore di via Nazionale Nord (per materiali a piè d’opera) e si riportano n° 3 registrazioni per i lavori complessivamente eseguiti al quarto SAL fino al 19/07/2004 (rispettivamente per il Collettore Principale aliquota 1,34% per € 10.328,56, per il Collettore di Via Pietro Nenni aliquota 1,32% per € 10.127,64, per il Collettore di Via Nazionale Nord e raccolta acque bianche aliquota 22,89% per € 176.224,78), senza allibramenti intermedi tra terzo e quarto SAL e/o progressivi secondo l’ordine cronologico di esecuzione delle opere eventualmente distinguibili per categorie (movimenti di materia e demolizioni, opere varie, condotte, calcestruzzi, pozzetti e chiusini, pavimentazioni) per come distinte all’art. 38 del Capitolato Speciale di Appalto.
Detta pagina è sottoscritta da tre Direttori Lavori e dall’impresa ma non dal R.u.p.;
La sottoscritta CTU evidenzia che tutta la contabilità è fatta in conto provvisorio, per come emerge dai libretti delle misure.
Le uniche pagine che risultano sottoscritte dall’impresa (la numero 5 e la numero 7) non recano riserve ma neanche la sottoscrizione del RUP.
In definitiva non esiste un solo foglio in cui siano contenute le contestuali firme dell’impresa e del RUP.
E’ peraltro da escludere che i singoli fogli attribuiti al documento denominato Registro di Contabilità siano stati preventivamente firmati (in bianco) da Appaltatore e dal R.u.p.» (così Attività peritale del consulente tecnico).
Si pone, pertanto, la necessità di accertare se le conseguenze delle indicate irregolarità siano quelle rappresentate dall’Impresa – inesistenza di una regolare contabilità, con conseguenza insussistenza di alcun onere di formulazione della riserva, proprio in ragione dell’inesistenza di un valido registro di contabilità – ovvero quelle esposte dall’Amministrazione che ha, di contro affermato, la piena esistenza del registro di contabilità (rectius: dei registri) come attestato dal fatto che l’Impresa ha percepito somme di danaro proprio in ragione di quanto su di essi riportato.
La questione è già stata esaminata dalla giurisprudenza.
La Corte di Cassazione – decidendo su una vicenda sostanzialmente in termini, poiché anche in quel caso si trattava di apprezzare se potesse ritenersi “registro di contabilità” un insieme di fogli separati, solo spillati tra loro, non sottoscritti preventivamente dall’Impresa e dal Direttore dei lavori né preventivamente vidimati – ha affermato che «Registro di contabilità è solo il documento le cui pagine sono “preventivamente numerate e firmate dall’ingegnere capo e dall’appaltatore” e nel quale le singole partite siano iscritte “rigorosamente in ordine cronologico” (… omissis….). In realtà, il registro della contabilità è l’unico documento non tenuto sul luogo dei lavori da cui emerge una visione di insieme ed unitaria o unitaria dell’esecuzione dell’appalto; solo in esso si ha il dovere o l’onere di iscrivere le richieste dell’appaltatore a pena di decadenza, perché da esso solo è rilevabile l’incidenza che le varie vicende potranno avere sui costi dell’appalto e per il committente e per l’appaltatore, che, in applicazione delle regole di diligenza e buona fede, deve iscrivere immediatamente in esso i fatti che può prevedersi incideranno sulla contabilità dei lavori (Cass. 24 gennaio 1997, n. 746). Pertanto se è certo che una contabilità irricostruibile o informe non è il registro (Cass. 22 luglio 1996, n. 6569), tale non può essere qualsiasi documento contabile dal quale non risulti una visione complessiva delle opere eseguite secondo il loro ordine cronologico e quindi del rilievo che eventuali variazioni di esse possono avere sui costi dell’appalto per ambedue le parti del contratto; è evidente quindi che un documento a fogli scomposti non può integrare il registro neppure provvisoriamente. In assenza del registro, l’appaltatore avrà la “facoltà” non l’onere “all’atto della firma d’inscrivere in succinto in quei documenti contabili che devono essere da lui firmati le riserve e le domande che crederà del proprio interesse”, e in tal caso “le domande e le riserve.. non avranno efficacia e saranno considerate come non avvenute ove non siano ripetute nel registro di contabilità nei termini e modi indicati nei precedenti artt. 53 e 54” (art. 89 R.D. 350/1895), una volta che lo stesso sia stato istituito. Solo con l’istituzione del registro sorge il dovere di iscrivere le riserve relative ai lavori eseguiti in precedenza» (Cass. Civ. 24 marzo 2000, n. 3525).
Il Comune ha dedotto che la indicata sentenza attribuirebbe valore dirimente alla “visione complessiva delle opere eseguite” e non al singolo documento contabile, assumendo che nel caso in esame «dai Registri e dai libretti delle misure regolarmente sottoscritti dall’Impresa, emergevano con chiarezza le opere eseguite e i relativi importi» (così comparsa di replica del Comune, pag. 10).
Tali affermazioni non possono essere condivise, poiché nella indicata sentenza la Corte di Cassazione ha sostanzialmente affermato che la “visione complessiva delle opere eseguite” è desumibile da un registro di contabilità regolarmente tenuto, ossia nel quale la progressiva esecuzione delle opere sia annotata secondo l’ordine cronologico di realizzazione, mentre – nel caso in esame – tale possibilità era completamente preclusa dalle gravi e numerose irregolarità del registro innanzi indicata e confermate pienamente dalla CTU.
Il documento denominato registro di contabilità è caratterizzato da una irregolare tenuta della contabilità, poiché la medesima – in difetto di una (dettagliata) descrizione delle lavorazioni eseguite – è stata interamente basata su allibramenti generici e del tutto “indeterminati” – anche sui libretti delle misure – effettuati sulla base di macro-aliquote percentuali, non suffragate da analitici e circostanziati conteggi, carente di una corretta definizione dei corrispettivi economici (e delle relative aliquote percentuali) corrispondenti alle singole categorie di lavorazioni da realizzare, in difformità all’art. 38 del capitolato speciale di appalto e alle disposizioni regolamentari di cui all’art. 159 del D.P.R. n. 554 del 1999.
Quanto sopra trova conferma nei rilievi della CTU che ha osservato che «… agli atti di causa non è prodotto il giornale dei lavori (l’impresa sostiene non sia stato affatto istituito) né, tantomeno, si possono trarre utili informazioni dalla documentazione contabile, considerato che i dati ivi riportati, in mancanza di registrazioni quotidiane e/o cronologicamente progressive che possano consentire la puntuale ricostruzione delle fasi lavorative, tra un SAL ed il successivo, non consente di effettuare una adeguata ricostruzione» (così elaborato peritale, pagg. 48-49).
In riferimento all’atto che la CTU ha indicato come «documento denominato Registro di Contabilità», sono stati rappresentati i contenuti dell’ottavo foglio «… con la incongruente dicitura “pag. 7 ”, in cui è detratta la registrazione del SAL precedente per il collettore di via Nazionale Nord (per materiali a piè d’opera) e si riportano n° 3 registrazioni per i lavori complessivamente eseguiti al quarto SAL fino al 19/07/2004 (rispettivamente per il Collettore Principale aliquota 1,34% per € 10.328,56, per il Collettore di Via Pietro Nenni aliquota 1,32% per € 10.127,64, per il Collettore di Via Nazionale Nord e raccolta acque bianche aliquota 22,89% per € 176.224,78), senza allibramenti intermedi tra terzo e quarto SAL e/o progressivi secondo l’ordine cronologico di esecuzione delle opere eventualmente distinguibili per categorie (movimenti di materia e demolizioni, opere varie, condotte, calcestruzzi, pozzetti e chiusini, pavimentazioni) per come distinte all’art. 38 del Capitolato Speciale di Appalto» (così elaborato peritale pag. 70).
Circostanza, peraltro, ulteriormente ribadita dalla CTU a pag. 75 del proprio elaborato, ove osserva che «la contabilità dei lavori è sfornita di registrazioni parziali e/o intermedie tra un SAL e il successivo e, soprattutto, di suddivisione in sub-categorie delle opere eseguite, per cui i dati rinvenuti risultano piuttosto imprecisi e non è possibile sapere se e in quale misura vi fossero contemplati, ad esempio, materiali a piè d’opera per i collettori già iniziati, soprattutto con riferimento al Collettore di Via Nazionale Nord anche perché, ivi, una parte dei materiali approvvigionati sarebbe poi stata inutilizzata a seguito della perizia di variante n° 2, come si desume dalla risposta al quesito peritale n° 7».
Rilievi analoghi sono stati operati dalla CTU per il secondo, quarto, sesto foglio relativi, rispettivamente, alle registrazioni per i lavori complessivamente eseguiti al 1°, 2°, 3° SAL (così elaborato peritale, pagg. 69-70).
Si deve pertanto ritenere che la Direzione lavori non abbia dato all’Impresa la possibilità di distinguere, in occasione delle sottoscrizioni antecedenti l’emissione di ogni singolo stato di avanzamento, tra l’incidenza economica dei “materiali a piè d’opera” e quella delle registrazioni corrispondenti alle singole partite di lavorazioni che, a loro volta, erano indifferentemente attribuite a quelle di progetto e/o alle maggiori opere ordinate a mezzo degli ordini di servizi.
La prova della appena esposta anomala situazione e dell’inidoneità del registro a far emergere con chiarezza opere eseguite ed i relativi importi è data dalle dichiarazioni della Direzione dei lavori, contenute nel documento denominato “Tavola riassuntiva dei lavori” prodotta dal Comune sub n. 44) con le prime memorie difensive in cui è scritto testualmente “N.B: Al 4 SAL sono state liquidate le opere relative agli N.P. 15/16/17/19/20/21/23/25/26 per un totale di € 29.996,51”.
Orbene, tale affermazione è smentita dalla circostanza che i Nuovi Prezzi (N.P.) che la Direzione lavori ha affermato di aver liquidato con il quarto stato di avanzamento lavori hanno formato oggetto della seconda perizia di variante e il relativo verbale di concordamento è stato sottoscritto solo in data 11 aprile 2005, mentre la contabilizzazione dei lavori al 4° SAL era stata sottoscritta in data 19 luglio 2004.
Peraltro il CTU ha accertato che dette lavorazioni “venivano effettuate successivamente alla emissione del 4° SAL (19.07.2004) e – in gran parte – necessarie ad eliminare alcuni disservizi/inconvenienti che non potevano essere noti a quella data” (così elaborato peritale pag. 75).
Tale circostanza, da un lato, smentisce la non provata affermazione del Comune secondo la quale, nel caso in esame, «dai Registri e dai libretti delle misure regolarmente sottoscritti dall’Impresa, emergevano con chiarezza le opere eseguite e i relativi importi» (così comparsa di replica del Comune, pag. 10), dall’altro conferma quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza innanzi riportata, ossia che non possa considerarsi un valido registro di contabilità quello composto da fogli mobili, non numerati e non bollati, preventivamente. A ben vedere, tali requisiti formali – lungi dal costituire un vuoto ossequio al formalismo – sono intimamente preordinati alla corretta redazione della contabilità, impedendo la sostituzione o lo smarrimento dei fogli mobili, di tal ché – anche a tacer degli altri vizi evidenziati dalla CTU – la sola irregolarità relativa alla omessa preventiva numerazione, vidimazione e sottoscrizione delle pagine del registro – costituito da una pluralità di fogli rilegati sul dorso e non da un insieme di fogli singoli, semplicemente spillati tra loro – comporta un vizio che di per sé rende il registro inesistente, con la conseguenza che non sussiste alcun onere per l’impresa di dover formulare alcuna riserva su detti fogli assemblati tra loro.
Non ha pregio l’assunto del Comune secondo il quale la contabilità non potrebbe ritenersi inesistente in quanto in base ad essa il Comune ha corrisposto all’Impresa i corrispettivi dell’appalto, poiché altro è il rilievo economico che può avere un determinato documento, altro è il rilievo giuridico dello stesso in relazione alla sussistenza di un onere di riserva.
3.3. Le considerazioni innanzi svolte appaiono ampiamente sufficienti per respingere l’eccezione di decadenza formulata dal Comune, contro la quale militano ulteriori autonome considerazioni.
Occorre, infatti, rammentare che la CTU ha accertato «che tutta la contabilità è fatta in conto provvisorio, per come emerge dai libretti delle misure»; anche tale circostanza non è stata minimamente contestata dal Comune che s’è limitato ad eccepire che essa non legittimava l’Impresa ad astenersi dalla formulazione di tutte le riserve poiché – secondo la prospettazione dell’Amministrazione – il precetto di cui all’art. 165, comma 6, del D.P.R. n. 554 del 1999 troverebbe applicazione alle sole riserve di natura meramente contabile – relative all’esattezza della registrazione come effettuata dalla Direzione dei lavori – e non anche alle riserve «riguardanti supposti compensi aggiuntivi a quelli di contratto» (così conclusionale di replica Comune, pag. 11).
Tale assunto – e la conseguente limitazione operativa della indicata disposizione – non risulta fondato.
Preliminarmente, occorre rammentare che l’art. 165, comma 6, del D.P.R. n. 554 del 1999 dispone che «Ove per qualsiasi legittimo impedimento non sia possibile una precisa e completa contabilizzazione, il direttore dei lavori può registrare in partita provvisoria sui libretti, e di conseguenza sugli ulteriori documenti contabili, quantità dedotte da misurazioni sommarie. In tal caso l’onere dell’immediata riserva diventa operante quando in sede di contabilizzazione definitiva delle categorie di lavorazioni interessate vengono portate in detrazione le partite provvisorie».
Si tratta di comprendere quale sia l’ambito di applicazione della appena riportata disposizione, se cioè – come assunto dal Comune – essa operi solo con riferimento alle riserve contabili e non anche a quelle relative alla richiesta di maggiori compensi, ovvero se essa investa tutte le riserve.
Ritiene il Collegio che l’interpretazione corretta sia la seconda e non certo quella sostenuta dal Comune e ciò per una pluralità di concorrenti ragioni.
Innanzi tutto, milita in favore di tale interpretazione la lettera della norma che prevede che in caso di contabilità provvisoria «l’onere dell’immediata riserva diventa operante quando in sede di contabilizzazione definitiva delle categorie di lavorazioni interessate vengono portate in detrazione le partite provvisorie», senza operare alcuna distinzione in ragione dell’oggetto specifico della riserva. In altri termini, la norma – nel prevedere che l’onere della riserva divenga attuale solo al momento della contabilità definitiva – non effettua alcuna distinzione tra riserve c. d. contabili e riserve per maggiori compensi.
Ad ulteriore conferma della correttezza di tale linea interpretativa, si pongono alcune ulteriori argomentazioni.
A) Come innanzi esposto, l’interpretazione delle disposizioni che prevedono la decadenza deve obbedire a criteri assai rigorosi, con preclusione di qualsiasi interpretazione estensiva o analogica. Nel caso de quo, accedere all’interpretazione proposta dal Comune significherebbe operare, a dispetto del chiaro tenore letterale del comma 6 dell’art. 165 del D.P.R. n. 554 del 1999, una interpretazione che affermi la persistenza di un onere di riserva per i c.d. maggiori compensi, con conseguenza decadenza in caso di mancata formalizzazione della stessa.
B) Sul piano logico, economico e giuridico, non sussiste alcuna differenza tra la c.d. riserva contabile e la c.d. riserva per maggiori compensi poiché sia con l’una che con l’altra l’impresa richiede sempre il riconoscimento di un maggior compenso. In altri termini, anche con la c.d. riserva contabile l’impresa richiede un compenso diverso e maggiore rispetto a quello contabilizzato dal Direttore dei lavori, per cui non si vede come la asserita distinzione tra riserve c.d. contabili e riserve c.d. per maggiori compensi possa giustificare l’esonero dall’onere della riserva per le prime e la sussistenza di tale onere per le seconde.
C) Non può omettersi di ricordare che la giurisprudenza ha affermato il carattere generale dell’onere della riserva, che deve essere formulata tutte le volte che l’appaltatore voglia richiedere il riconoscimento di maggiori somme di danaro in relazione a fatti relativi alla esecuzione dell’opera che comportino – nella valutazione dell’impresa – il riconoscimento di maggiori oneri (in tal senso Cass., sez. I, 3 marzo 2006, n. 4702, secondo la quale «In tema di appalto pubblico, la riserva concerne ogni pretesa di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi, per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi situazione nel corso dell’esecuzione dell’opera; in particolare, dal combinato disposto degli art. 53, 54 e 64 r.d. n. 350 del 1895 (nella specie applicabile ratione temporis) si ricava la regola secondo cui l’appaltatore, ove intenda contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall’amministrazione e avanzare pretese a maggiori compensi o indennizzi e danni, a qualsiasi titolo, è tenuto a iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilità, o in altri documenti, e ad esporre, nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa nel titolo e nelle somme e, infine, a confermare la riserva all’atto della sottoscrizione del conto finale»; Cass., sez. I, 8 settembre 2004, n. 18070; conforme Cass., sez. I, 11 gennaio 2006, n. 388, che ha affermato che «Il principio della «generalità» della riserva è circoscritto e correlato ai fatti che comportano maggiori oneri e perciò richiedono di essere tempestivamente conosciuti dalla stazione appaltante»; conformi, a contrario, Cass., sez. I, 12 ottobre 2000, n. 13589; App. Roma, 18 gennaio 1982). In altri termini, tutte le richieste economiche che l’appaltatore voglia formulare e che derivino da fatti che comportino maggiori oneri per l’impresa, devono essere effettuate nella forma vincolata della riserva. Proprio dal carattere della generalità della riserve, deriva che, allorché venga previsto un esonero da detto onere, in mancanza di espresse limitazioni dello stesso, esso non possa che avere portata generale.
Dalle considerazioni innanzi esposte discende che non sussisteva alcun onere di formulazione di riserve da parte dell’Impresa, sin quando la contabilità – peraltro affetta dai molteplici vizi innanzi accertati – non fosse diventata definitiva, perdendo quel carattere di provvisorietà che – per espressa previsione normativa – preclude l’apprezzabilità dei maggiori compensi cui l’appaltatore ritenga di aver diritto. Nel caso in esame, peraltro, la contabilità è sempre rimasta in provvisorio, poiché la Direzione dei lavori non ha mai redatto una contabilità definitiva.
3.4. Il Comune ha altresì irriso l’assunto dell’Impresa secondo il quale l’impossibilità di apporre riserva sul c.d. “registro di contabilità” sarebbe derivata anche dalla mancanza di spazio, affermando che sarebbe stato sufficiente che la Varzi si limitasse ad apporre accanto alla sottoscrizione la dicitura “con riserva” per evitare di incorrere nella eccepita (e per quanto s’è visto, inesistente) decadenza.
Anche tale assunto è destituito di fondamento e trova smentita nel disposto di cui all’art. 31, comma 2, prima parte, del D.M. n. 145 del 2000 – come s’è innanzi visto, obbligatoriamente applicabile anche all’appalto de quo – che dispone che «le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondano». Ne deriva che la semplice apposizione, accanto alla sottoscrizione, della locuzione “con riserva”, non è certo sufficiente ad assolvere l’onere, poiché non contiene alcuna esplicazione degli importi e delle ragioni della specifica richiesta. Ciò permette di apprezzare ulteriormente i guasti derivanti da una contabilità irregolarmente tenuta, poiché un registro di contabilità conforme alle disposizioni regolamentari lascia all’appaltatore la disponibilità di numerose pagine (almeno tante quante ne intercorrono tra l’ultima registrazione effettuata dal Direttore dei lavori e l’ultima pagina del registro) per l’esplicazione delle riserve, mentre una contabilità tenuta attraverso fogli mobili lascia all’impresa solo la spazio tra la registrazione effettuata dalla direzione dei lavori e la fine della pagina, con la conseguenza che non risulta agevole e sovente – come nel caso in esame – impossibile l’ossequio al precetto dell’art. 31, comma 2, prima parte, del D.M. n. 145 del 2000, innanzi riportato.
3.5. Il Comune ha altresì argomentato l’eccezione di decadenza assumendo che l’Impresa avrebbe sottoscritto senza apporre alcuna riserva il verbale di consegna parziale e definitiva dei lavori ed i verbali di sospensione, assumendo che l’Impresa lamenta vistose lacune progettuali per cui delle due l’una: o esse erano tanto vistose da essere percepibili ictu oculi, ed allora costituiva onere dell’Impresa l’immediata denuncia delle stesse attraverso la riserva, oppure tali lacune non esistevano, ed allora nessuna pretesa potrebbe essere ora formulata dall’Impresa.
Tale ulteriore argomentazione viene qui esaminata per completezza di indagine, atteso che l’acclarata irregolarità del registro di contabilità – che costituisce il documento sul quale devono essere necessariamente formulate tutte le riserve, sebbene ciò sia solo condizione necessaria, ma non sufficiente (dovendo l’appaltatore confermare le riserve sul conto finale) (in tal senso Cass., sez. I, 4 settembre 2004, n. 17906; Coll. Arb. Firenze, 16 gennaio 1997; Cass., sez. I, 7 dicembre 1996, n. 10920; Coll. Arb., 14 settembre 1993) – anche ove la formalizzazione delle stesse sia prevista anche su altri documenti – renderebbe superfluo l’accertamento relativo alla mancata apposizione di riserve su altri documenti (diversi dal registro di contabilità), in ragione dell’impossibilità di riportarle poi su tale documento.
Fatta tale precisazione, in relazione all’eccezione della mancata formulazione di una riserva in calce al verbale di consegna parziale, occorre rammentare – come meglio si vedrà nella ricostruzione della dinamica dell’appalto che sarà svolta prima dell’esame dei singoli quesiti – che in data 14 giugno 2002 veniva effettuata, sotto riserva di legge, la consegna parziale dei lavori, limitatamente alle sole opere concernenti la realizzazione del collettore “principale” lungo la fascia dell’arenile, mentre rimanevano esclusi tutti i collettori cosiddetti “secondari”, la cui esecuzione restava subordinata alle autorizzazioni/nulla-osta dell’ANAS ed RFI, enti proprietari delle aree su cui insistevano i relativi tracciati.
Al momento della sottoscrizione di tale verbale era assolutamente ragionevole ipotizzare che i tempi correlati all’esecuzione delle opere ivi contemplate (il collettore principale sul lungomare) sarebbero comunque rimasti quelli preventivati (tre mesi) senza particolari dilazioni, come invece avvenuto (l’esecuzione dei predetti lavori ha richiesto 17 mesi) a causa delle problematiche successivamente emerse.
Analoga considerazione, vale per la mancata apposizione di riserve in calce al verbale di consegna definitiva dei lavori, considerato che l’Impresa – all’epoca – non era certamente a conoscenza delle difficoltà correlate alle numerose problematiche che sarebbero successivamente emerse per l’esecuzione dei collettori secondari, anche a seguito delle interferenze interrate delle utenze preesistenti e non segnalate e, per le quali, sin dal momento della consegna parziale, aveva chiesto al Comune le relative monografie plano-altimetriche.
Al riguardo, occorre altresì rammentare che la CTU ha affermato che «sulla circostanza che, al di là della effettiva completezza del progetto e/o di eventuali dubbi/perplessità dell’impresa al riguardo, le variazioni ordinate dalla S.A. in corso d’opera sono correlate a fatti e circostanze emerse solo successivamente alla consegna dei lavori e determinate da esigenze di carattere funzionale e/o per rimediare a imprevidenze di non immediata percezione (esempio, presenza della falda freatica)
Le considerazioni di cui sopra valgono, poi, anche per la consegna definitiva dei lavori dovendosi evidenziare che le variazioni/difficoltà intervenute sono correlate, sostanzialmente, alla presenza di sottoservizi interrati nascosti le cui mappature erano state richieste dall’impresa già all’atto della consegna parziale” (pagg. 67-68).
Ne deriva che, anche a prescindere dalle irregolarità del registro di contabilità, l’Impresa non era nella condizione di apprezzare i problemi (che si sarebbero poi palesati) all’atto della consegna parziale e definitiva, con la conseguenza che non può ritenersi decaduta dalla possibilità di avanzare pretese in conseguenza della mancata formulazione di riserve in calce a tali documenti.
L’eccezione di decadenza per mancata formulazione delle riserve in calce ai verbali di sospensione e ripresa dei lavori non può trovare accoglimento in quanto risultano agli atti due verbali di sospensione, segnatamente, il verbale di sospensione n. 1 del 2 agosto 2004 ed il verbale di sospensione n. 2 che è stato assunto al protocollo del Comune in data 31 luglio 2006. Solo il primo verbale di sospensione reca le sottoscrizioni del Direttore dei lavori, del responsabile unico del procedimento e dell’Impresa, ma il periodo relativo a detta sospensione non è fatto oggetto di pretese risarcitorie, da parte dell’Impresa che, nella sua domanda di arbitrato precisava, che «dalla consegna dei lavori fino ad oggi (20/04/2006), per un periodo di complessivi di 1.378 giorni (già al netto di 28 giorni di sospensione dal 02 al 30 agosto 2004), è stata costretta a subire i maggiori oneri relativi ad un complessivo abbattimento del ritmo produttivo». Anche la CTU, nella propria relazione di replica alle controdeduzioni delle parti ha sostenuto «la legittimità della sospensione, tant’è che nella quantificazione dei ritardi imputabili alla Stazione Appaltante la scrivente ha escluso il periodo di sospensione di 28 giorni dal 02.08.2004 al 30.08.2004»; il verbale di sospensione n. 2 non reca alcuna data, è stato inoltrato all’Impresa mediante raccomandata e non reca la sottoscrizione del responsabile unico del procedimento, né quella dell’Impresa.
Al di là delle indicate irregolarità formali, occorre rammentare che per copiosa giurisprudenza – dalla quale il Collegio non ha ragione di discostarsi – in caso di sospensione illegittima l’Impresa può apporre l’eventuale riserva mediante la quale intenda contestare la illegittimità della sospensione e richiedere il risarcimento dei conseguenti maggiori costi, anche solo sul verbale di ripresa, costituendo quest’ultimo l’ultimo atto sul quale tali doglianze possono essere formulate (in tal senso Coll. Arb. 20 luglio 2004; Coll. Arb. Roma, 27 febbraio 2003; Coll. Arb. Roma, 12 luglio 2002; Coll. Arb. 9 dicembre 2002; Coll. Arb. 1 aprile 1999; Coll. Arb. Roma, 5 settembre 1997; Coll. Arb. Roma, 23 dicembre 1997; Coll. Arb. Roma, 17 luglio 1996; Coll. Arb. Firenze, 16 gennaio 1997; Cass. Sez. I, 5 maggio 1998, n. 4502; per Cass., Sez. I, 22 ottobre 1998, n. 10502 la riserva deve essere formulata quando emerga la concreta idoneità del fatto a produrre i pregiudizi o gli esborsi, per cui – ove tale momento si verifichi all’atto della cessazione della sospensione – la riserva è tempestiva se inserita nel verbale di ripresa dei lavori ovvero direttamente nel registro di contabilità, in mancanza di tale verbale; Coll. Arb., Roma 4 maggio 1995; Coll. Arb. Roma, 6 novembre 1995; Coll. Arb., 15 settembre 1995; Coll. Arb. Roma, 31 ottobre 1995; per Trib. Roma, 19 giugno 1996, la riserva deve essere quanto meno quantificata nel verbale di ripresa; Coll. Arb., 1° luglio 1993; Coll. Arb., 26 luglio 1993; Coll. Arb., 8 agosto 1991; Coll. Arb., 18 giugno 1991; App. Roma, sez. I, 22 maggio 1989; Coll. Arb., 28 marzo 1988, n. 31; Coll. Arb., 2 ottobre 1987; Coll. Arb., 26 novembre 1987; Coll. Arb., 6 maggio 1987; Coll. Arb., 26 giugno 1986; Cass., 17 ottobre 1986, n. 6097; Cass., Sez. I, 5 febbraio 1985, n. 769; Cass., Sez. I, 1° aprile 1982, n. 2006; Cass., sez. I, 5 gennaio 1976, n. 8). Ne deriva che l’Impresa avrebbe potuto tempestivamente formulare la propria riserva anche sul verbale di ripresa che – tuttavia – non risulta agli atti del procedimento, per cui l’eccezione risulta priva di prova.
3.6 L’Amministrazione ha inoltre eccepito che, in data 12 giugno 2002, nella dichiarazione congiunta ex art. 71 del D.P.R. n. 554 del 1999, prima ancora della stipula del contratto di appalto e della formale consegna dei lavori, il responsabile unico del procedimento e l’appaltatore hanno dichiarato «ciascuno per le proprie competenze, che permangono le condizioni che consentono l’immediata esecuzione dei lavori».
Secondo il Comune, da tale dichiarazione deriverebbe all’Impresa l’impossibilità di avanzare pretese correlate all’anomalo svolgimento dei lavori.
Anche tale eccezione è destituita di fondamento.
Come è noto, l’art. 71 del D.P.R. n. 554 del 1999 prevede che prima dell’avvio delle procedure di scelta del contraente, il responsabile del procedimento debba acquisire una dichiarazione del Direttore dei lavori circa la accessibilità delle aree, alla assenza di impedimenti sopravvenuti rispetto agli accertamenti effettuati prima della approvazione del progetto ed alla realizzabilità del progetto. Il secondo comma della indicata disposizione regolamentare, dispone che l’offerta debba essere accompagnata dalla dichiarazione con la quale i concorrenti dichiarino di aver esaminato gli elaborati progettuali, di essersi recati sul luogo di esecuzione dei lavori e di aver preso conoscenza delle situazioni che possono influire sull’esecuzione dei lavori. Infine, il comma terzo del medesimo art. 71 prevede che prima della stipula del contratto il responsabile del procedimento e l’appaltatore rilascino una dichiarazione circa la persistenza delle condizioni che consentono l’esecuzione dei lavori.
La dichiarazione di cui al primo comma dell’art. 71 del D.P.R. n. 554 del 1999, ricalca il contenuto degli accertamenti che il direttore dei lavori doveva effettuare, prima dell’avvio delle procedure di gara, ai sensi dell’art.5 del r. d. 25 maggio 1895, n. 350. In vero, tale disposizione non è stata oggetto di puntuale osservanza, come dimostrato dalla frequenza di controversie derivanti da difformità tra le condizioni locali e quelle previste in progetto, situazione che – ai sensi dell’art.11 del medesimo r. d. n. 350 del 1895 – avrebbe dovuto imporre la sospensione delle operazioni di consegna. La giurisprudenza formatasi sull’art.5 del r. d. n. 350 del 1895 non è univoca atteso che secondo alcune pronunzie la indicata disposizione poneva solo una regola di condotta nei confronti degli organi dell’Amministrazione, senza che sorgesse in capo al contraente privato alcun affidamento in ordine all’effettivo rispetto di essa, per cui la violazione della disposizione non costituiva fonte di responsabilità a carico della stazione appaltante (così Trib. Roma, 26 febbraio 1967; Coll. Arb. 15 febbraio 1957; Coll. Arb. Roma, 10 aprile 1970; Coll. Arb. 25 luglio 1981). Secondo altro filone giurisprudenziale, di contro, la disposizione aveva una rilevanza anche esterna, per cui la violazione di essa costituiva fonte di responsabilità del committente (Cass. 29 maggio 1976, n. 1945; App. Napoli 2 febbraio 1978, n. 163; Trib. Roma, 17 luglio 1982; Coll. Arb. 28 febbraio 1995;Coll. Arb. 31 gennaio 1991; Coll. Arb. 12 marzo 1992; Coll. Arb. 8 agosto 1991; Coll. Arb. 24 aprile 1990; Coll. Arb. 3 maggio 1989; Coll. Arb. 13 giugno 1988; Coll. Arb. 13 aprile 1985; Coll. Arb. 20 maggio 1985; Coll. Arb. 12 luglio 1983; Coll. Arb. 25 luglio 1981).
La dichiarazione prescritta dall’art.71, comma 2°, del D.P.R. n. 554 del 1999 ricalca – con il solo elemento differenziale della attestazione relativa alla disponibilità della mano d’opera ed all’adeguatezza del progetto – la dichiarazione già prevista dall’art.1 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 e di essa la dottrina aveva evidenziato il valore limitato, soprattutto allorché all’appaltatore non era consentito di compiere quelle indagini e quelle verificazioni consentite solo all’Amministrazione. La giurisprudenza arbitrale ha ritenuto che la dichiarazione di presa visione dei luoghi abbia un limitato valore e debba ritenersi riferita solo allo stato generale o apparente dei luoghi in relazione agli elaborati di progetto ed alle disposizioni contrattuali; in tale ottica si assume che l’impresa non sia tenuta a procurarsi una conoscenza dei luoghi ed una cognizione delle condizioni dell’appalto diversa e più ampia di quelle poste a base del capitolato speciale e dei disegni ad esso allegati (cfr, tra i tanti, Coll. Arb. 27 aprile 1993, n. 43; Coll. Arb., 22 aprile 1993, n. 38; Coll. Arb., 21 ottobre 1992; Coll. Arb., 16 aprile 1992; Coll. Arb. 14 settembre 1991, n. 91; Coll. Arb., 25 gennaio 1990; Coll. Arb., 27 settembre 1983, n. 29; Coll. Arb., 4 febbraio 1983, n. 4; Coll. Arb., 22 ottobre 1982; Coll. Arb., 25 luglio 1981; Coll. Arb., 28 maggio 1980, n. 28; Coll. Arb., 16 maggio 1975, n. 31; Coll. Arb., 27 febbraio 1975, n. 17; Coll. Arb., 15 novembre 1967, n. 86; Coll. Arb., 19 aprile 1966, n. 18). La giurisprudenza ha altresì ritenuto che la dichiarazione di cui all’art. 71 cit. non comporti alcun obbligo di co-verifica o validazione del progetto e non costituisca dichiarazione negoziale di esclusione di responsabilità per inadempimento degli obblighi in materia di progettazione potendo, spiegare efficacia limitatamente allo stato apparente dei luoghi e a ciò che l’appaltatore è messo in condizioni di conoscere (Coll. Arb. 2 aprile 2007 n. 44; Coll. Arb. 15 dicembre 2006 n. 112).
Il Collegio non ha ragione di discostarsi da tale orientamento giurisprudenziale e ritiene che sia la dichiarazione unilaterale che ogni concorrente deve rilasciare – ai sensi del comma 2 del citato art.71 del D.P.R. n.554 del 1999 – sia quella che deve rilasciare congiuntamente al responsabile del procedimento prima della stipula del contratto – ai sensi del comma 3 del citato art. 71 D.P.R. n. 554 del 1999 -, possano precludere all’appaltatore la possibilità di successive contestazioni solo per quelle circostanze rilevabili ictu oculi o comunque a seguito di modifiche di modesta rilevanza; non, viceversa, per gli elementi che richiederebbero particolari approfondimenti o addirittura per situazioni non immediatamente verificabili che siano tali da smentire le previsioni contrattuali. Ne deriva che tali dichiarazioni non impediscono all’appaltatore la formulazione di riserve qualora riscontri in sede esecutiva – come nel caso de quo – la sussistenza di circostanze che precludano l’esecuzione dei lavori come originariamente prevista.
In vero – come meglio si vedrà in prosieguo – tutte le modifiche/integrazioni progettuali intervenute in fase di esecuzione sono correlate ad autonome e sopravvenute scelte dell’Amministrazione o a carenze del progetto che non potevano certamente essere note all’appaltatore al momento del sopralluogo effettuato prima della stipula del contratto.
Tale conclusione, trova altresì il conforto anche della CTU la quale ha osservato che “la suddetta dichiarazione non può che essere riferita allo stato apparente delle cose al momento del sopralluogo e che, in realtà, le variazioni al progetto successivamente apportate dalla Stazione Appaltante sono correlate, per come già evidenziato nei paragrafi precedenti, a circostanze e/o esigenze emerse solo in corso d’opera, dopo la consegna dei lavori” (cfr. elaborato peritale, pag. 64).
3.7. L’Amministrazione ha altresì eccepito che in corso d’opera l’Impresa avrebbe sottoscritto incondizionatamente e senza formulare alcuna riserva, i verbali di concordamento nuovi prezzi, gli schemi/atti di sottomissione delle perizie di variante, gli stati di avanzamento lavori ed i relativi certificati di pagamento, assumendo che dalla apposizione di riserve su tali atti derivi la decadenza dell’Impresa.
Anche tale deduzione è destituita di fondamento.
Infatti:
a) gli stati di avanzamento lavori ed i relativi certificati di pagamento, ai sensi dell’art. 156 del D.P.R. n. 554 del 1999, non devono essere sottoscritti dall’appaltatore il quale, conseguentemente, non deve apporre su detti documenti alcuna riserva;
b) ai sensi dell’art. 128 del D.P.R. n. 554 del 1999 «l’ordine di servizio non costituisce sede per la iscrizione di eventuali riserva da parte dell’appaltatore» per cui é evidente che è addirittura la norma ad escludere espressamente che su detti atti debba essere apposta riserva, con la conseguenza che certo non può derivare alcuna decadenza dalla mancata formulazione;
c) per quanto attiene agli atti aggiuntivi o di sottomissione, la costante giurisprudenza – che il Collegio condivide e dalla quale non ha ragione di discostarsi – ha da tempo chiarito che «La sottoscrizione dell’atto di sottomissione relativo ad una variante, quale patto aggiuntivo al contratto finalizzato alla realizzazione delle opere in esso previste, non ha natura né transattiva né abdicativa di pretese future, in quanto l’impegno di eseguire senza eccezioni e riserve i lavori di variante non comporta rinuncia ai diritti dell’appaltatore, dovendo la rinuncia essere esplicita» (così Coll. Arb. Roma, 28 febbraio 1995; Coll. Arb. 7 marzo 1988) che «La stipulazione di un distinto atto di sottomissione o di una appendice al contratto principale non comporta, a meno di contrarie ed univoche indicazioni espresse in senso diverso, rinuncia alle riserve in precedenza formulate, in quanto l’atto in questione non costituisce, di regola, fatto genetico di un nuovo rapporto, ma semplicemente patto aggiuntivo dell’originario contratto, che si inserisce automaticamente in quest’ultimo divenendone parte integrante, con la conseguenza che, data l’unicità del fatto genetico, si è in presenza di un unico rapporto contrattuale modificato e non di un nuovo rapporto sostituitosi a quello originario estinto per novazione» (così Coll. Arb., 24 maggio 1988; conforme Coll. Arb. 13 febbraio 1988) che «La rinuncia a riserve iscritte dall’appaltatore sul registro di contabilità, per essere operante, deve essere espressa in modo univoco e che non dia adito a dubbi, il che va stabilito caso per caso mediante l’uso dei normali canoni ermeneutici di interpretazione dei contratti e facendo ricorso all’esame del comportamento delle parti nel suo complesso (nella fattispecie, è stato escluso che la firma di un atto di sottomissione col quale venivano accettati ulteriori lavori agli stessi prezzi contrattuali costituisse rinuncia alla già formulata richiesta di maggiori compensi per imprevisti oneri esecutivi, anche in considerazione del fatto che, all’epoca della firma, era ancora in corso la definizione in sede amministrativa delle riserve, poi conclusasi con un’offerta da parte del committente)» (così App. Roma, 16 luglio 1979; conforme Coll. Arb. 13 giugno 1985).
Né ha pregio l’ulteriore aspetto dell’eccezione sviluppato dal Comune, secondo il quale la sottoscrizione di eventuali atti aggiuntivi o di sottomissione assumerebbe rilievo sotto il profilo dei comportamenti dai quali potrebbe desumersi la volontà di rinunciare ai maggiori compensi. A sostegno di tale tesi il Comune richiama tre diverse sentenze (Cass. Civ. sez. I, 17 settembre 2008 n. 23783; Cass. Civ. sez. I, 16 aprile 2008 n. 10054; Trib. Monza, 10 settembre 2007) che, tuttavia, ad un attento esame, non corroborano affatto la tesi dell’Amministrazione.
Infatti la sentenza n. 10054 del 2008 non riguarda affatto questioni che investono la mancata sottoscrizione di atti di natura negoziale (quale è un atto di sottomissione), bensì la diversa fattispecie della mancata conferma delle riserve sullo stato finale dei lavori per le opere di competenza del Genio Militare.
Neanche il richiamo alla sentenza del Tribunale di Monza 10 settembre 2007 risulta pertinente, non riguardando la mancata iscrizione di riserve in un atto di contenuto negoziale, ma la fattispecie del tutto diversa della mancata iscrizione di riserve sui verbali di sospensione dei lavori.
Di analogo tenore è la sentenza della Corte di cassazione n. 23783 del 2008, ove è affermato semplicemente che le finalità delle riserve sono «immanenti ad ogni fase del procedimento, rendendolo ineludibile, con la conseguenza che l’impresa che, pur avendo tempestivamente formulato la riserva non la riproduca ed espliciti nei termini e nei documenti previsti dalla menzionata normativa, decade dalle relative domande; così come nella medesima preclusione incorre ove abbia iscritto tempestiva riserva, senza reiterare le richieste che ad essa si riferiscono in sede di liquidazione del conto finale, atteso che siffatta omissione viene dal legislatore considerata incompatibile con l’intenzione di persistere nella pretesa avanzata in precedenza. Per cui, ciascuna di dette iscrizioni costituisce un atto a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione nel senso che la stessa deve essere necessariamente contenuta nel documento e nel contesto previsto dalla legge, senza possibilità di equipollenti, quali diffide, pur tempestive, ed atti di costituzione in mora, essendo rilevante al fine indicato esclusivamente il rituale compimento dell’atto come richiesto dalla norma».
Ne deriva che proprio l’esame delle pronunzie richiamate dal Comune conferma – sia pure indirettamente – il principio affermato dalla giurisprudenza innanzi richiamata, ossia quello che la rinuncia alle riserve debba essere espressa e chiara e che la sottoscrizione di un atto aggiuntivo o di sottomissione non si ponga come rinuncia, salvo che essa non sia chiaramente inserita nell’atto stesso.
Ne deriva che anche tale aspetto dell’eccezione del Comune deve ritenersi privo di fondamento.
3.8. Le considerazioni innanzi esposte mostrano come l’eccezione di decadenza formulata dall’Amministrazione sia infondata in tutte le sue articolazioni, il che consente di non doversi soffermare – considerandole assorbite – sulle ulteriori questioni oggetto di trattazione ad opera delle parti – se l’Impresa potesse ritenersi esonerata dalla necessità di formulare le riserve, in ragione della natura di fatti continuativi delle circostanze cui esse si riferivano, e se sussista un onere di riserva in presenza di una domanda di risoluzione per inadempimento della stazione appaltante, domanda che – ove accolta, in virtù della retroattività degli effetti della risoluzione – comporterebbe il venir meno della disciplina contrattuale e – pertanto – anche dell’onere della riserva.


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