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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 14 dicembre 2007 n° 160. Danni da “perdita di chance” per impossibilità dell’impresa a rinnovare attestazione SOA a causa del comportamento antigiuridico della Stazione Appaltante.

Collegio Arbitrale costituito da:

Dott. Antonino SAvo Amodio (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Avv.  Maurizio Granieri (Arbitro)

Un’ulteriore richiesta risarcitoria concerne la perdita di chance in conseguenza del comportamento antigiuridico della Stazione appaltante, che avrebbe arrecato notevole pregiudizio economico all’appaltatrice, a causa delle sofferenze bancarie (con interdittiva segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia) correlate ai mancati e/o tardivi pagamenti dei lavori eseguiti e alla mancata possibilità di utilizzare parte delle opere eseguite ai fini della qualificazione per l’esecuzione di opere pubbliche, introdotta dal D.P.R. n. 34/2000, con la consequenziale necessità per la ditta XXX di integrare il proprio oggetto sociale onde restare in attività fino ad abbandonare, forzosamente, il settore dei lavori pubblici.
L’attrice assume, ancora, che, per il periodo connesso all’esecuzione dei lavori de quibus, ha potuto solo marginalmente impegnarsi in altre opere, essendo bloccata nel cantiere di Spezzano della Sila dal 1993 (data di consegna dei lavori) fino al 1998 (data di approvazione del collaudo), tre anni in più rispetto al tempo contrattualmente previsto per l’ultimazione dei lavori.
Da qui la richiesta di risarcimento per “perdita” di chance e, quindi, del danno subito a causa della perdita di utile che l’impresa avrebbe potuto conseguire quantificato presuntivamente – nell’ipotesi di una normale successione di eventi – sulla base dei dati di bilancio dell’anno 1994 (anno antecedente l’istanza della prima domanda arbitrale) per i successivi 10 anni (dal 1995 al 2005) nella complessiva somma di € 361.519,80.
Al riguardo il Collegio osserva che la richiesta de qua è stata introdotta, per la prima volta, in occasione della terza domanda di arbitrato, circostanza che ha dato luogo all’instaurazione del presente giudizio arbitrale, che impone, quindi, una valutazione preliminare in ordine alla possibilità di un’intervenuta decadenza dall’azione.
La domanda è ammissibile, considerato che la pretesa attiene al rapporto di appalto (ed alle relative conseguenze) nella sua interezza e a circostanze il cui effetto pregiudizievole si è progressivamente esplicato nel tempo, anche oltre la data successiva a quella in cui era stata presentata la (prima) domanda di arbitrato (novembre 1995).
L’Impresa, pertanto, ne ha avuto contezza a notevole distanza di tempo e la relativa proposizione può ben trovare spazio in fase di reintroduzione del giudizio.
La richiesta de qua afferisce a pretese di natura diversa dal lucro cessante, oggetto dei precedenti riconoscimenti, che, invero, sono rapportati al mancato raggiungimento di un risultato utile conseguibile attraverso la regolare esecuzione del contratto, mentre la perdita di chance è un’ipotesi di danno patrimoniale futuro il cui ammontare può essere stabilito soltanto per presunzione, in via equitativa o attraverso un calcolo di probabilità (Cass. Civ. 10739/2002). Essa riguarda la perdita di possibilità per l’impresa di partecipare, a causa dell’esecuzione del contratto di appalto scandita da eventi anomali, a successive gare per l’acquisizione di nuove commesse e la prova della sua esistenza può essere fornita anche in base ad elementi presuntivi (Cass. Civ., Sez III, 11 dicembre 2003 n. 18945).
Nel caso di specie, il Collegio ritiene che, in conformità agli indirizzi giurisprudenziali innanzi ricordati ed in coerenza con la natura del danno da perdita di chance, la suddetta ipotesi di danno possa ritenersi dimostrata in via presuntiva:
– posto che dall’esame della documentazione versata in atti è emerso che indubitabilmente i lavori de quibus avevano avuto un andamento anomalo e frammentario, protraendosi per un tempo assai lungo e, comunque, oltre il previsto termine che avrebbe dovuto segnarne la scadenza naturale;
– valutata altresì l’ampiezza delle opere e la loro capacità di assorbire – secondo un parametro di normalità – le potenzialità operative dell’impresa, pregiudizievolmente lese dall’anomalo comportamento del Comune;
– considerata la qualità della ditta XXX che, quale società operante istituzionalmente nel settore degli appalti pubblici, era costretta, a causa della frammentarietà dei lavori oggetto dell’appalto, a tenere impiegate le proprie risorse imprenditoriali oltre il termine pattuito e a subire le dannose conseguenze dei tardivi e/o mancati pagamenti, con sofferenze bancarie all’uopo comprovate a mezzo di atti di pignoramento degli Istituti di credito di cui la medesima si serviva e preclusione della possibilità di acquisire, quindi, i requisiti di qualificazione per la partecipazione ad altre gare per l’affidamento di nuove commesse.
In merito alla determinazione del quantum debeatur a tale titolo, nell’impossibilità di esperire qualsiasi calcolo probatorio correlato alle difficoltà obiettive di accertare, ad esempio, a quanti e quali appalti la ditta appaltatrice (ormai non più qualificata) avrebbe potuto partecipare negli anni successivi, e non potendosi, neanche, comprenderli tutti, anche per l’ovvia constatazione che una siffatta valutazione approderebbe (seppure in via solo teorica) al riconoscimento di una lesione, sotto il profilo economico, del tutto spropositata, il Collegio non può che procedere ad una valutazione equitativa dello stesso, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ..
Considerato che il danno da perdita di chance è un’ipotesi di danno futuro consistente nella perdita di un possibile utile imprenditoriale, di valutazione assai aleatoria, e non potendosi ritenere sufficiente, al riguardo, il risultato positivo del (solo) bilancio riferito all’anno 1994 (euro 36.151,98) esibito dall’Impresa – se non a titolo di mero orientamento – il Collegio ritiene di determinare il danno futuro in una somma pari al 15% dell’utile dichiarato per la citata annualità, rapportato ad una durata di 5 anni, in luogo dei 10 indicati dall’attrice, e corrispondenti al periodo massimo di attività documentabile dei requisiti occorrenti per il rilascio dell’attestazione SOA di cui al D.P.R. n° 34/2000. [omissis]

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