Collegio Arbitrale costituito da:
Avv. Riccardo Barberis (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Ing. Lorenzo Cursi (Arbitro)
1. Sulla eccezione di incompetenza del Collegio Arbitrale.
Va preliminarmente evidenziato che l’Amministrazione Provinciale di YYY pur avendo eccepito, nel proprio atto di resistenza, l’insussistenza di una clausola compromissoria e, quindi, l’inefficacia dell’art. 23 del C.S.A. perché contenente un generico rinvio alle norme di cui agli artt. 240 e 241 del D. Lgs 163/2006 e, comunque, superato dall’ulteriore divieto introdotto dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244, commi 19, 20, 21, di inserire clausole compromissorie nei pubblici contratti di appalto, non ha poi coltivato nei successivi scritti difensivi la suddetta eccezione, assumendo quindi un comportamento idoneo ad integrare una implicita rinuncia. Detta rinuncia è inequivocabilmente desumibile anche dalle conclusioni rassegnate all’udienza del 13 marzo 2014 in cui entrambe le parti hanno precisato di riportarsi “…a tutto quanto spiegato, eccepito e dedotto negli atti già depositati, che in questa sede devono intendersi integralmente trascritti per l’accoglimento dei quesiti ed eccezioni così come precisati nelle prime memorie”.
Ad ogni modo, premesso che l’art. 23 del CSA, rubricato “Definizione delle Controversie”, dispone che “Tutte le controversie tra l’Amministrazione appaltante e l’impresa, tanto durante il corso dei lavori, quanto dopo il collaudo, che si siano potute definire in via amministrativa quale che sia la loro natura tecnica, amministrativa, giuridica, nessuna esclusa, saranno definite ai sensi del D. Lgs 12/04/2006 n° 163, al riguardo verranno applicate le norme di cui agli artt. 240 e 241 D. Lgs 12/04/2006 n° 163”, il Collegio è dell’opinione che il rinvio, operato dalla suddetta clausola deve essere interpretato come una precisa espressione della volontà delle parti di deferire ad Arbitri le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto.
Non potrebbe valere, a sostegno del contrario, il richiamo operato dall’Amministrazione convenuta al disposto dell’art. 3 commi 19, 20 e 21 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, perché tali disposizioni – come rilevato anche dalla stessa Amministrazione convenuta – non sono mai entrate in vigore, in quanto dapprima rinviate e poi definitivamente abrogate con l’art. 15 del D. Lgs 20 marzo 2010, n. 53.
Ne consegue che gli artt. 240 e 241 del D.Lgs. 163/2006 non hanno mai recepito, nemmeno temporaneamente, le disposizioni richiamate dalla Provincia di YYY, ma hanno sempre disciplinato, quanto all’art. 240, la procedura arbitrale in materia di appalti pubblici e quanto all’art. 241, la Camera Arbitrale e l’albo degli arbitri.
Pertanto il rinvio a tali disposizioni non può che essere inteso come inequivoca manifestazione della volontà delle parti di adire gli Arbitri, in quanto le norme richiamate disciplinano proprio la procedura arbitrale in materia di appalti pubblici e, pertanto, il loro richiamo sarebbe del tutto privo di significato ove le parti non avessero inteso deferire ad Arbitri le controversie eventualmente scaturenti dall’esecuzione del contratto.
Quanto sopra trova anche conforto nella costante giurisprudenza, cui questo Collegio ritiene di aderire, formatasi sotto la vigenza dei previdenti artt. 150 e 151 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (poi abrogati con l’entrata in vigore D.Lgs. 163/2006) di tenore assolutamente analogo agli attualmente vigenti artt. 240 e 241 del D.Lgs 163/2006. E’ dunque condivisibile che “…in caso di richiamo, nel contratto di appalto, agli artt. 150 e 151 D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 e all’art. 32 L. 11 febbraio 1994 n. 109, si è in presenza di una clausola compromissoria valida ed efficace , perché un simile puntuale richiamo costituisce inequivoca estrinsecazione della volontà della Stazione appaltante di avvalersi della possibilità di deferire eventuali controversie ad arbitri e determina la sussistenza di un valido accordo scritto ai sensi dell’art. 807 c.p.c.( Lodo Milano 12 gennaio 2011, in Arch. Giur. OO.PP. 2011, p. 911, in senso conforme anche Lodo Genova 21 ottobre 2009 n. 136, in Arch. Giur. OO.PP., 2010, p. 106).
Non può poi essere sottaciuto che il presente giudizio è stato attivato dall’impresa per far dichiarare la risoluzione del contratto di appalto per grave inadempimento della Stazione appaltante a fronte del mancato pagamento, da parte di quest’ultima, del quarto acconto di corrispettivo.
Ebbene, l’art. 13 del capitolato speciale di appalto statuisce espressamente che, in tale ipotesi, l’impresa può agire ai sensi dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006, il quale, a sua volta, fa espresso riferimento alla facoltà, per l’impresa, “previa costituzione in mora dell’Amministrazione aggiudicatrice e trascorsi 60 giorni dalla data della costituzione stessa, di promuovere il giudizio arbitrale per la dichiarazione di risoluzione del contratto”.
Tale rinvio all’art. 133 del D.Lgs. 163/2006, pertanto, costituisce ulteriore indice (ove mai fosse necessario) della volontà delle parti di deferire ad Arbitri la risoluzione di loro eventuali controversie che siano correlate alla risoluzione del contratto per mancato pagamento dei corrispettivi di acconto.
Il Collegio ha dunque competenza diretta a conoscere e pronunciare in merito alla risoluzione del contratto, con conseguente competenza a pronunciarsi in relazione ai quesiti formulati dall’Impresa e dall’Amministrazione convenuta.
Difatti, la competenza sulla risoluzione del contratto trascina con sé, dal punto di vista logico e giuridico, la competenza a conoscere delle domande di risarcimento del danno conseguente alla risoluzione per inadempimento.
Così, il Collegio, nel prendere atto della inequivocabile rinuncia all’eccezione di insussistenza di valida clausola compromissoria formulata dall’Amministrazione Provinciale di YYY, dichiara la propria competenza a decidere sulle questioni sollevate dall’Impresa con i quesiti arbitrali, per come integrati nelle memorie difensive, e dall’Amministrazione convenuta con la domanda riconvenzionale ove, peraltro, non vi è più traccia della eccezione de qua.
[omissis]
L’ulteriore questione di cui è investito il Collegio Arbitrale riguarda, dunque, le domande della ditta XXX rivolte ad ottenere il riconoscimento del diritto alla refusione dei danni economici da essa subiti in conseguenza di un asserito anomalo svolgimento dell’appalto caratterizzato dall’improduttivo rallentamento delle attività di cantiere, imputato a fatti e comportamenti dell’Amministrazione Provinciale di YYY che, in qualità di Stazione Appaltante, avrebbe omesso di porre a base di gara un progetto esecutivo effettivamente esaustivo e di cooperare, comunque, con l’appaltatore, anche mediante la tempestiva redazione di una perizia di variante tecnica e suppletiva, onde garantirgli la possibilità giuridica di compiere i lavori secondo i termini e le modalità pattuite.
Da parte sua, l’Amministrazione Provinciale di YYY oppone che i rallentamenti/ritardi connessi all’esecuzione dell’opera non siano riconducibili a proprie inadempienze ma a scarsa collaboratività e professionalità dell’impresa..
All’esito degli accertamenti svolti al fine di cogliere nella successione logica e non solo cronologica dei fatti di inadempienza e responsabilità, il nesso causale delle inadempienze, la loro gravità ed adeguatezza, il Collegio ritiene, alla luce di quanto qui di seguito si espone, che nella fattispecie sussistano gli estremi per attribuire all’Amministrazione Provinciale di YYY, in correlazione alle circostanze lamentate dall’attrice, la (prevalente) responsabilità per la dilazione dei tempi contrattuali con conseguenti rallentamenti dei ritmi produttivi di cantiere.
Il Collegio procede a valutare i fatti in forza dei quali l’impresa contesta l’imputabilità alla stazione appaltante delle anomalie connesse alla vicenda contrattuale e precisamente:
– la mancata predisposizione di un adeguato progetto idoneo ad assicurare la regolarità ed esecutività delle opere;
– la mancanza di adeguata cooperazione – anche in corso d’opera – della Stazione Appaltante che, venendo meno al proprio obbligo contrattuale di porre tempestivo e risolutivo rimedio alle originarie carenze della documentazione tecnica di appalto, alla presenza delle interferenze (utenze SNAM, Telecom ed Enel, sottoservizi vari) e, comunque, alle riscontrata difformità dello stato dei luoghi a quello di progetto, nonché alle diffuse problematiche emerse lungo il tracciato della costruenda strada, aveva impedito all’impresa appaltatrice la possibilità giuridica di compiere i lavori nei modi e termini stabiliti con pregiudizievoli rallentamenti dei ritmi produttivi di cantiere, ulteriormente aggravati dai ritardi dei pagamenti dei corrispettivi di appalto.
Non vi è dubbio che in materia di appalti sussiste a carico del committente, come affermato dalla giurisprudenza e dagli stessi principi che informano siffatte obbligazioni, un dovere di cooperazione all’esecuzione del contratto, dovere che si estrinseca nella consegna dell’area, nella fornitura di adeguati progetti ed in generale nell’eliminazione di ogni eventuale ostacolo all’attività dell’appaltatore e nel porre in essere tutti gli adempimenti amministrativi per la completa e puntuale realizzazione dei lavori. Tale dovere di cooperazione assume una particolare rilevanza nell’appalto di opere pubbliche nel quale l’attività dell’appaltatore è vincolata al concorso della pubblica Amministrazione in modo più accentuato che negli appalti privati e si estrinseca, tra l’altro, nell’ottemperanza a regole di correttezza (art. 1175 cod. civ.) e di buona fede nell’esecuzione (art. 1375 cod. civ.) .
In sostanza il rischio delle difficoltà dell’opus che fa capo all’appaltatore non può dipendere da fatto dell’amministrazione (o da terzi), le cui conseguenze ricadrebbero integralmente sullo stesso committente.
E’ apparso evidente che la responsabilità di quest’ultimo e/o di Enti Terzi scaturisce da fatti compiuti nell’esecuzione dell’opera e che, nella fattispecie, l’Amministrazione Provinciale di YYY sia venuta meno al proprio dovere di cooperazione, per le ragioni appresso indicate.
Dalla documentazione versata in atti risulta che, successivamente alla consegna dei lavori (31 agosto 2009) emergevano progressivamente alcune difficoltà tecnico-operative che inibivano il normale iter esecutivo di appalto dei lavori a causa:
- della presenza, nelle aree di cantiere, di condotte SNAM interferenti con la costruenda rotatoria di valle che, sebbene riportate negli atti progettuali, necessitavano di una loro esatta individuazione e, soprattutto, di preventive opere di protezione (solette in calcestruzzo armato) che avrebbero dovuto essere effettuate dall’Ente gestore, secondo quanto espressamente previsto all’art. 3 del C.S.A.;
- della presenza, nelle aree di cantiere, di condotte Enel, Telecom, idriche, fognarie non segnalate negli elaborati di progetto ma interferenti con l’esecuzione dei lavori ed i cui relativi spostamenti, in alcuni casi, ancora alla data del 14 marzo 2011– a distanza di oltre un anno e mezzo dalla consegna dei lavori, allorché il termine contrattuale era già spirato da oltre 10 mesi – non erano stati definiti e pianificati;
- della difformità tra lo stato dei luoghi e quello di progetto, riguardanti, ad esempio [omissis]
- di alcune modifiche circa le modalità operative degli scavi a sezione obbligata riguardanti la fognatura di smaltimento delle acque piovane provenienti dalla rotatoria di monte, eseguiti, su ordine della D.L., con larghezze ampiamente superiori (ml 2,50 anziché ml 1,50) a quelle di progetto, con conseguenti rallentamenti del ritmo di avanzamento dei lavori;
- della presenza di lastre in cemento amianto, lungo il tronco stradale riguardante l’asse 1, che importava la necessità di intervento da parte di ditte specializzate.
Le suindicate problematiche sono state oggetto di attenta valutazione da parte del Collegio che, con l’ausilio dei propri componenti tecnici ha verificato, attraverso la disamina degli elaborati di progetto, di quelli prodotti dalla D.L. in corso d’opera, della corrispondenza intercorsa tra le parti, della documentazione fotografica e degli atti contabili, la fondatezza delle doglianze dell’impresa circa il pregiudizio che le medesime hanno arrecato al normale prosieguo dei lavori.
E così, ad esempio, la presenza della condotta SNAM, oltre a comportare una restrizione, rispetto alle previsioni di progetto, delle aree di cantiere in forza della prescrizione impartita in cantiere – con verbale del 14.09.2009 – dal Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione per il rispetto della distanza minima dalle condotte (ml 7,00), importava l’impossibilità di operare, di fatto, sull’intera area della rotonda di valle a causa del divieto – imposto nel citato verbale – di attraversamento delle tubazioni con qualsiasi mezzo, fino a quando non fossero state realizzate le solette di protezione. Detti manufatti, in base alle previsioni capitolari (art. 3 del CSA – norme tecniche) avrebbero dovuto essere realizzate direttamente dall’Ente gestore e in ogni caso, anche laddove la S.A. avesse optato – in accordo con quest’ultimo – di affidare all’impresa appaltatrice la relativa esecuzione, sarebbe stato necessario acquisire precise istruzioni tecniche direttamente dalla SNAM, non ancora emanate, considerato che nel menzionato verbale del 14.09.2009 il C.S.E. si premurava di osservare che le suddette “…caratteristiche saranno comunicate direttamente dalla SNAM” come poi avvenuto, di fatto, solo in data 25 marzo 2010, secondo quanto emerge – per tabulas – dalla nota inoltrata a mezzo mail, in pari data, dall’Amministrazione Provinciale di YYY alla ditta XXX con cui si precisava che “Come concordato in data 24.03.2010, a seguito di incontro presso l’Ufficio del 2° Reparto Valdarno, trasmetto copia dello schema tecnico per la realizzazione delle solette a protezione delle solette a protezione delle tubazioni metano SNAM”. Non milita a favore della difesa convenuta, a comprova dell’asserita insussistenza di ritardi nella consegna di istruzioni tecniche all’impresa, l’ostensione della missiva del 23 settembre 2009 con cui la SNAM, nel prendere atto della necessità della Provincia di YYY (unico destinatario della comunicazione de qua) ad eseguire i lavori di protezione provvisoria, impartiva prescrizioni ed impegni a cui avrebbe dovuto attenersi l’Ente richiedente, considerato che detta nota non sembra corredata da alcun elaborato grafico per l’esecuzione delle solette di protezione né, tantomeno, sussiste in atti traccia di eventuali istruzioni impartite sul punto, prima della nota del 25 marzo 2010.
Sempre con riferimento alla presenza delle utenze SNAM interferenti con l’area della costruenda rotatoria di valle, nel corso dei lavori emergeva la sopravvenuta necessità della S.A. di provvedere allo spostamento, non previsto nel progetto originario, di una tubazione la cui esecuzione veniva però contemplata solo con la perizia di variante tecnica e suppletiva, approvata dalla G.M. di YYY n. 141 del 31 marzo 2011.
Durante l’iter esecutivo di appalto emergeva, inoltre, la presenza – nelle aree di cantiere – di ulteriori utenze pubbliche (Telecom, Enel) e private (idriche, fognarie) che, a differenza della condotta SNAM, non erano segnalate negli elaborati progettuali ma interferivano ugualmente con l’esecuzione dei lavori benché, nella maggior parte dei casi, le istruzioni per i relativi spostamenti venivano di fatto sintetizzate a mezzo di un resoconto “delle attività di cantiere e lavori concordati” predisposto dalla D.L. (solo) in data 14 marzo 2011, da cui si evince che all’impresa erano state fornite indicazioni nel periodo compreso tra il 31.01.2011 e il 14.02.2001, spesso senza neanche l’ausilio di specifici elaborati grafici a supporto. A comprova della intempestiva azione della S.A. nello spostamento delle utenze preesistenti giova poi evidenziare la presenza di un palo Enel che – sulla base della documentazione fotografica versata in atti – risultava essere ancora nella sua originaria posizione sulla sede stradale, allorquando l’impresa aveva dato (comunque) esecuzione ai lavori di realizzazione del sottofondo stradale (giugno 2011) .
In definitiva, con riferimento ai sottoservizi preesistenti, il Collegio è dell’avviso che la S.A. non era stata in grado di pianificare e programmare una idonea attività di spostamento delle interferenze preesistenti nel sottosuolo, che avrebbe dovuto svolgere, invero, sin dalla redazione del progetto definitivo, ai sensi dell’art. 26 comma 2 lett e) del D.P.R. 554/1999, ove è prevista la necessità di una “verifica sulle interferenze delle reti aeree e sotterranee con i nuovi manufatti”. Non può poi sottacersi che, anche ai sensi dell’art. 93 comma 5 del D.Lgs. 163/2006, “Il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari. Esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi e indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchettazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo”, dovendosi ulteriormente precisare che l’attività di progettazione – ivi compreso quella di individuazione e pianificazione dello spostamento dei sottoservizi – rientra nelle esclusive competenze del Committente pubblico e non è defettibile. L’opinione del Collegio è in linea con i principi affermati dall’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici che, nella deliberazione n. 236 del 06/06/2001, ha precisato che “la previsione che sposti sull’Impresa appaltatrice la responsabilità della corretta redazione del progetto esecutivo costituisce clausola “tamquam non esset“.
Il Collegio ha poi accertato che anche con riferimento ai (nuovi) sottoservizi di progetto (ad esempio tubazione acque meteoriche, impianto di illuminazione), secondo quanto lamentato dall’impresa, gli elaborati grafici posti a base di gara non erano corredati dai necessari profili plano-altimetrici né, tantomeno, da particolari costruttivi e di dettaglio, anche con riferimento al corretto posizionamento dei pozzetti di ispezione, con conseguente innegabile disagio tecnico-operativo dell’impresa nella relativa esecuzione.
Quanto alle difformità tra lo stato dei luoghi e quello di progetto, non può essere revocato in dubbio che gli elaborati grafici e tecnici consegnati all’impresa fossero caratterizzati da numerose incongruenze e/o carenze che hanno anch’esse inciso, in misura più o meno rilevante, sul regolare avanzamento dei lavori.
Risultano fondate, infatti, le contestazioni della ditta XXX sulla difformità delle reali quote di scavo tra il tombino scatolare (nella rotatoria di monte) e quelle di progetto, considerato che nel relativo elaborato grafico di progetto la quota del piano di posa era rappresentata a -1,40 ml circa dal piano di campagna (dato confermato anche nella originaria relazione geologica) mentre la documentazione fotografica esibita dall’impresa (docc. n° 19) consente di constatare profondità effettive largamente superiori, come anche desumibile dagli allibramenti contabili del libretto delle misure n° 2 (pag. 20-21, n° ord. 31) in cui l’effettivo scavo a sezione obbligata veniva quantificato in complessivi mc. 234,55 a fronte di una previsione estimativa di mc. 45,00 (cfr. computo metrico di progetto, pagg. 7:8, n° ord. 11). Con riferimento al medesimo manufatto nessuna infiltrazione idrica era segnalata nella relazione geologica di progetto e/o nei relativi elaborati grafici esecutivi, come invece riscontrato in corso di esecuzione e verbalizzato dal D.L. in data 5.11.2009 che, all’uopo, ordinava all’impresa una idonea bonifica del terreno di sedime delle fondazioni mediante il posizionamento di massi di grosse dimensioni (1 mc cadauno) da intasare con pietre di pezzatura 4/7 cm su cui gettare, infine, il magrone di calcestruzzo. Non sembra essere riconducibile a responsabilità dell’impresa l’asserita circostanza, da parte dell’Amministrazione convenuta, che le riscontrate infiltrazioni siano dovute ad una erronea scelta dell’impresa di eseguire le operazioni di scavo nel periodo autunnale considerato che nel verbale del 5.11.2009 la D.L. si limitava ad evidenziare le “infiltrazioni riscontrate al momento dello scavo della fondazione dello scatolare a monte” senza nulla eccepire al riguardo, dovendosi peraltro opinare che, in base al cronoprogramma presentato dall’impresa in sede di gara, approvato dall’Amministrazione, l’impresa aveva deciso di dare esecuzione, nella prime due fasi (ricadenti nel periodo autunnale), proprio alla rotatoria di monte, in cui era ricompreso, anche, il tombino scatolare de quo.
Anche la problematica del muro dell’area “penna alta” da eseguirsi tra le sezioni 1-7 è correlata ad una incongruenza tra la rappresentazione di progetto e la situazione reale, considerato che negli elaborati grafici a base di gara (tav. 12E) veniva raffigurato che il paramento del muro di pietra preesistente a sostegno della strada si estendeva ben al di sotto del piano di campagna, fino alla quota di imposta del nuovo muro in calcestruzzo armato mentre, in realtà, dalla documentazione fotografica versata in atti, si evince un franco notevole tra la base di appoggio del manufatto in parola ed il piano di campagna sottostante che, ovviamente, aveva indotto l’ASL, in data 17.11.2009, a rappresentare problemi di sicurezza correlati alla stabilità del medesimo e alla necessità di rettifiche progettuali che venivano consegnate all’impresa solo in data 12.04.2010, circa cinque mesi dopo. Nelle more, tutte le attività correlate al muro in parola venivano sospese, con evidenti ripercussioni anche sulla rotonda di monte, su cui confluiva la strada che versava in situazione di pericolo. La ripresa dei lavori del muro di penna alta era susseguita da particolari prescrizioni da parte della D.L. sulla ritenuta opportunità – per ragioni di sicurezza – di effettuare l’esecuzione dei getti di calcestruzzo per “conci” di lunghezza massima di 4,00 ml (comprovata anche dalla documentazione fotografica in atti) che ha inevitabilmente rallentato l’esecuzione dei lavori.
Anche la realizzazione del muro di recinzione “casa dei pini”, lungo il perimetro della rotonda di monte, aveva imposto la necessità di ridefinizione della geometria plano-altimetrica del medesimo determinata, secondo quanto asserito dall’impresa, da problemi correlati alla necessità di concordare il posizionamento di dette opere con i proprietari dei terreni privati e di adeguare l’altezza dei manufatti all’effettivo dislivello geodetico tra la quota di giardino della casa e quella dell’asse stradale. Ad ogni modo, da un confronto tra gli elaborati esecutivi di progetto (tav. 11) emerge che l’altezza del muro riportato nel particolare E (tra asse 3 e asse rotatoria di monte) avrebbe dovuto variante nell’intervallo 0,50:0,80 ml mentre, in realtà, con nota del 26.11.2009 la D.L. inoltrava all’impresa una prima rettifica dimensionale in cui l’altezza variabile del muro oscillava nell’intervallo 0,63:2,25 ml, ma un’ulteriore modifica comunicata circa due settimane dopo, con la nota dell’11.12.2009, elevava l’altezza massima a ml 2,54, con conseguenti rallentamenti e pregiudizi per l’impresa che, peraltro, assume anche di aver subito disagi nella sagomatura dei ferri di armatura, già fatti pervenire in cantiere secondo le iniziali rettifiche.
Il Collegio ha anche accertato le ulteriori incongruenze/incompletezze del progetto lamentate dall’impresa con riferimento, ad esempio, alla necessità di eseguire gli scavi a sezione obbligata riguardanti la fognatura di smaltimento delle acque piovane provenienti dalla rotatoria di monte con modalità operative diverse da quelle preventivate, con particolare riferimento alla larghezza ampiamente superiore (ml 2,50 anziché ml 1,50) a quelle di progetto; la imprevista presenza di lastre in cemento amianto, lungo il tronco stradale riguardante l’asse 1, che importava la necessità di intervento da parte di ditte specializzate.
E’ ineludibile constatare, dunque, che le suindicate problematiche abbiano cumulativamente inciso sul regolare svolgimento dei lavori, determinando uno slittamento temporale delle diverse fasi del processo esecutivo e, quindi, un notevole sovvertimento del cronoprogramma ipotizzato dall’impresa in sede di gara, divenuto ben presto inefficace. Quest’ultimo contemplava, infatti, lo svolgimento dei lavori articolato in cinque fasi consecutive strettamente correlate tra loro da una logistica di cantiere che teneva in debito conto anche le necessarie deviazioni del transito veicolare, con la previsione di eseguire, nell’ordine cronologico, la rotatoria di monte (fase 1) per dare avvio, nella fase conclusiva, all’asse 1 e all’ampliamento della SP 05 della Penna (fase 2), per proseguire sull’asse 1 (fase 3) e, poi, anche sulla rotatoria di valle (fase 4), quest’ultima da completare nella fase 5. Le imprevidenze di progetto avevano invece impedito di dare concreto impulso alle prime due fasi di lavoro, restando peraltro inibita la possibilità di un diverso coordinamento, anche a causa dell’impossibilità di avviare qualsiasi lavorazione nella rotonda di valle a causa delle prescrizioni imposte dalla SNAM.
E così, alla data del 12 aprile 2010, allorché venivano (parzialmente) risolte le problematiche correlate alle utenze SNAM (lo spostamento di una condotta sarebbe stato definito sono nel marzo 2011, con la perizia di variante) ed erano decorsi 110 giorni del tempo utile (al netto della sospensione dei lavori disposta dal 19/12/2009 al 12/04/2010 per condizioni climatiche avverse), pari al 50% circa di quello complessivo di 210 giorni, all’impresa era stato obiettivamente possibile eseguire solo una marginale porzione dei lavori, per un importo corrispondente a quello maturato con il primo SAL (fino al 19.12.2009), pari ad € 70.040,65, appena il 5,25% di quello contrattuale.
Il prosieguo dei lavori veniva comunque condizionato dalla permanenza di alcune delle suindicate problematiche (condotta SNAM da spostare, presenza di sotto-servizi, alcune incongruenze progettuali) nonché dal ritardato pagamento dei lavori dei corrispettivi maturati – tant’è che l’impresa era costretta a notificare alla Provincia, in data 11.08.2010, un primo atto di diffida e messa in mora per la liquidazione del primo SAL e una analoga diffida, in data 02.11.2011, per la liquidazione del quarto SAL – ed, infine, dalla emersa necessità della Stazione Appaltante di redigere una perizia di variante tecnica e suppletiva finalizzata, anche, a recepire una proposta della ditta XXX per l’impiego di terre stabilizzate a calce per l’esecuzione dei piani di posa rilevati.
Le vicende che hanno caratterizzato l’accoglimento, da parte della S.A., della proposta di variante formulata dalla ditta XXX con nota del 15.06.2010, appaiono piuttosto tormentate considerato che, a fronte delle integrazioni e specificazioni richieste dalla D.L. con nota del 29.06.2010, l’impresa forniva i richiesti chiarimenti con nota del 12.07.2010 a cui seguiva, quindi, una nota di “accettazione proposta di variante”, senza condizione alcuna. A distanza di oltre due mesi, con note del 25.09.2010 la D.L. chiedeva all’impresa delucidazioni in merito alla tipologia del terreno e alla fattibilità del trattamento a calce e con nota del 26.10.2010 chiedeva documentazione tecnica integrativa. L’impresa replicava con nota del 26.11.2010, inviata a mezzo mail, evidenziando che le caratteristiche tecniche richieste erano state oggetto di accertamento a mezzo delle prove eseguite dal laboratorio SIGMA srl, le cui certificazioni venivano all’uopo allegate. Solo circa tre mesi dopo, in data 14.02.2011 veniva stipulato inter partes un verbale di concordamento di 19 nuovi prezzi (da NP08 a NP26) tra i quali, anche l’NP23 per la stabilizzazione a calce-cemento del piano di posa del rilevato.
I Nuovi Prezzi de quibus venivano quindi impiegati per la redazione della perizia di variante tecnica approvata nel mese di marzo 2011. Con nota del 22.02.2011 la D.L. invitava l’impresa ad integrare, ancora una volta, la documentazione tecnica a supporto della stabilizzazione a calce, ritenuta necessaria per la redazione della perizia di variante. L’impresa replicava con nota del 08.03.2011 evidenziando di aver ottemperato già da tempo alla richiesta e, in ogni caso, provvedeva ad un ulteriore invio per ovviare ad eventuali smarrimenti della S.A.. Seguiva, quindi, la redazione della perizia di variante da parte della D.L.
Quanto sopra consente di affermare che, in effetti, la (tardiva) redazione della perizia di variante, a cui restava subordinata l’esecuzione di alcune opere (ivi compreso la stabilizzazione a calce dei piani di posa dei rilevati) non era dipesa da inadempimenti e/o ritardi dell’impresa considerato che:
- la ditta XXX aveva comunque fornito, alla D.L., i chiarimenti e le risultanze delle prove richieste;
- di contro, la D.L., non sempre aveva tempestivamente comunicato le integrazioni e chiarimenti ritenuti necessari, richiesti a distanza di circa 2 mesi dall’accettazione della proposta dell’impresa;
- inoltre, il nuovo prezzo della stabilizzazione a calce veniva concordato solo a distanza di oltre tre mesi dal momento in cui l’impresa aveva inoltrato le prove di laboratorio con nota del 26.11.2010, dovendosi ulteriormente precisare che la perizia di variante ancora in itinere, necessitava del concordamento di tutti gli altri 18 Nuovi Prezzi per l’esecuzione di lavorazioni non previste in appalto, anch’essi definiti solo nel mese di febbraio 2011;
- non potrebbe in ogni caso imputarsi un eventuale ritardo all’impresa per la mancata produzione delle certificazioni e dettagli tecnici de quibus, posto che la D.L. aveva (comunque) provveduto a concordare il relativo nuovo prezzo, in data 14.02.2011, pur assumendo di non aver ancora ricevuto, a quella data, la “documentazione ufficiale” richiesta.
La perizia di variante aveva l’ulteriore finalità di prevedere, oltre allo spostamento di una condotta SNAM (in aggiunta alla relativa protezione come previsto nel progetto esecutivo), anche il miglioramento della rete di smaltimento delle acque piovane tramite la realizzazione di nuove percorrenze ed attraversamenti stradali al fine di garantire il corretto smaltimento idrico all’interno della rete esistente ed, evidentemente, anche quella di recepire, sotto il profilo economico, le variazioni medio tempore ordinate dalla D.L. in corso d’opera. La perizia di variante tecnica – che non modificava l’originario importo contrattuale – veniva approvata con deliberazione della G.P. di YYY n. 141 in data 31 marzo 2011, a distanza di circa un anno e mezzo dalla consegna dei lavori.
Con atto di diffida e messa in mora del 02.11.2011 l’impresa intimava la Provincia di YYY al pagamento dei crediti maturati con l’emissione del 4° SAL, perché inutilmente decorso il termine capitolare (30 giorni) dalla data della emissione del relativo certificato di pagamento ma, come già diffusamente argomentato, prima ancora della scadenza del termine assegnato di 60 giorni per il pagamento, nel mese di gennaio 2012 la G.M. di YYY, ritenendo la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 119 del D.P.R. 554/1999, disponeva la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’impresa, dando quindi luogo alla (irreversibile) estinzione del rapporto giuridico sorto inter partes .
Dal delineato excursus emergono con chiara evidenza gli elementi in favore delle doglianze dell’impresa sulla (prevalente) riconducibilità degli impedimenti e dei ritardi accumulati per l’esecuzione dell’opera a fatti dipendenti dalla Stazione Appaltante, responsabile per non aver tempestivamente adottato, all’insorgere delle problematiche emerse sin dalla fase immediatamente successiva all’avvio dei lavori (circa la necessità di protezione e/o spostamento delle condotte SNAM, la presenza dei sopra e sottoservizi delle utenze preesistenti, la difformità tra lo stato dei luoghi e quello di progetto di talune opere, la mancanza di idonei profili delle opere a rete) e delle proprie sopravvenute esigenze di apportare (se pur in accoglimento di una proposta dell’impresa) modifiche alla modalità di esecuzione dei rilevati, i necessari provvedimenti, anche mediante la preventiva redazione ed approvazione di una perizia di variante tecnica e suppletiva approvata (ex post, ad opere parzialmente realizzate) solo alla fine del mese di marzo 2011.
Il Collegio rileva, poi, che l’esecuzione di una parte dei lavori di perizia, caratterizzata da alcune modifiche più meno sostanziali, sotto il profilo tecnico-progettuale, aveva avuto probabilmente luogo ancora prima che fosse redatta e formalizzata la perizia di variante (fatta sicuramente eccezione per la stabilizzazione a calce e lo spostamento della condotta SNAM), con inevitabile situazione di incertezza e conseguente disagio tecnico-operativo dell’impresa che, in difetto di una preventiva, esaustiva e concreta conoscenza dell’opus da realizzare, non era stata in grado di pianificare in modo organico e sistematico il processo esecutivo, impiegando così inefficacemente le proprie risorse organizzative ed aziendali.
Non va sottaciuto, al riguardo, che già con nota del 19 aprile 2010 l’impresa indirizzata alla Stazione Appaltante la ditta XXX, dopo aver preliminarmente precisato gli impedimenti che non avevano consentito il regolare prosieguo dei lavori, evidenziava la necessità di un differimento del tempo utile contrattuale per il recupero del tempo sino allora decorso infruttuoso, oltre a quello che sarebbe ancora occorso per la compiuta definizione di tutte le problematiche emerse. Analoghi solleciti venivano effettuati dalla ditta appaltatrice con note del 03.06.2010, 07.07.2010, 11.08.2010.
Va oltremodo rimarcato che le intervenute modifiche progettuali non legittimavano la D.L. (nelle more della redazione della perizia di variante) a pretendere l’avanzamento delle opere (per quanto parzialmente) realizzate (a rischio dell’impresa) considerato che condizione necessaria per l’esecuzione di eventuali variazioni o addizioni al progetto è l’espletamento preventivo di un rigoroso iter procedurale stabilito dal combinato disposto degli artt. 132 del D. Lgs n. 163/2006 e 134 del d.P.R. 554/99. E, pertanto, prima della data del 6 aprile 2011, in cui venivano consegnati all’impresa gli elaborati afferenti la perizia di variante, nessuna lavorazione riguardante la stabilizzazione a calce dei piani di posa del rilevato poteva essere richiesta all’impresa, con ogni consequenziale impedimento di tutte le altre lavorazioni che restavano subordinate per evidenti vincoli di propedeuticità (rilevati, massicciata stradale, conglomerati bituminosi, impianto di illuminazione, ect).
Come già evidenziato da questo Collegio, la situazione di incertezza operativa di cantiere era stata altresì aggravata, in diverse fasi dell’iter esecutivo di appalto, dalla intempestiva liquidazione dei corrispettivi di appalto come risulta, per tabulas, dagli atti di diffida e messa in mora notificati dall’impresa alla S.A. in data 26.08.2010 e 02.11.2011 con riferimento, rispettivamente, al primo e quarto SAL.
In siffatti reiterati comportamenti il Collegio non può che intravedere un inscindibile intreccio di perduranti responsabilità dell’Amministrazione Provinciale di YYY che hanno di fatto alterato l’intera economia del contratto impedendo il naturale compimento delle opere.
Il Collegio non ha tralasciato di valutare che l’impresa non ha sempre svolto, nei confronti dell’altro contraente, un’incisiva azione di cooperazione per un più puntuale adempimento degli obblighi contrattuali del creditore, manifestando, così, un comportamento di parziale acquiescenza che, se non può esonerare l’Amministrazione Provinciale di YYY dalle sue (ben più gravi e prevalenti) responsabilità nella qualità di Committente pubblico, coinvolge anche le responsabilità del debitore per aver parzialmente concorso ad alcuni periodi di inattività/improduttività del cantiere, sebbene in misura assai più contenuta.
Infatti, la ditta XXX, con la propria proposta di modifica delle modalità di esecuzione dei piani di posa dei rilevati aveva contribuito, in qualche misura, ad alimentare l’esigenza della Stazione Appaltante di redigere una perizia di variante tecnica e suppletiva e, conseguentemente, avrebbe dovuto mettere in conto i tempi necessari per la relativa redazione e per l’acquisizione delle certificazioni occorrenti alla D.L. per esprimere il proprio parere tecnico. E’ pertanto evidente che, nel periodo successivo all’istanza di stabilizzazione a calce dei piani di posa dei rilevati, effettuata il 15 giugno 2010 e fino alla data di acquisizione degli elaborati della perizia di variante, all’impresa deve essere ascritta una parziale corresponsabilità con la S.A. per i ritardi accumulati nell’esecuzione dell’opera.
Ulteriore responsabilità dell’impresa per l’inattività di cantiere è indubitabilmente ravvisabile, a parere del Collegio, nella fase conclusiva del contratto allorquando, una volta approvata e perfezionata la perizia di variante, la ditta XXX avrebbe potuto imprimere un impulso più significativo al ritmo di avanzamento dei lavori, sebbene obiettivamente condizionata (e gravata) dai pregiudizi economici sino allora sofferti a causa dell’anomalo svolgimento dell’appalto e, in parte, anche dalla permanenza di ulteriori indeterminatezze progettuali, rimaste irrisolte nonostante la redazione della perizia di variante. Emergono, ad esempio, sotto tale ultimo profilo, la mancata rimozione di un palo Enel interferente con la sede stradale, le problematiche afferenti il corretto tracciamento delle aiuole spartitraffico a causa delle incongruenze delle quote tra i profili dell’asse della rotatoria e quelli delle relative confluenze.
Il Collegio non ritiene fondate, invece, le censure della difesa convenuta sul comportamento dell’impresa ritenuta responsabile di un asserito “abbandono” del cantiere, a decorrere dall’estate del 2011, che sono smentite, per tabulas, dalle copie delle buste paga del personale (almeno 4 unità operative) presente sul sito interessato nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2011 depositate in atti da parte attrice, nonché dalla dichiarazione della Cassa Edile competente e dalle comunicazioni effettuate alla medesima dall’impresa.
Il Collegio rileva, inoltre, che il fermo produttivo di cantiere comunicato dall’impresa successivamente alla data di notifica dell’atto e diffida e messa in mora del 02.11.2011, non costituisce grave inadempimento perché attuato a seguita dell’eccezione sollevata dall’attrice, ex art. 1460 c.c., per il mancato pagamento dei corrispettivi di appalto che, seppur inidonea – come già argomentato – alla individuazione dei presupposti per la risoluzione del contratto per colpa del committente, era frutto dell’errata opinione della ditta XXX di potersi avvalere di siffatto istituto.
Il Collegio ritiene, dunque, che tutte le suindicate circostanze abbiano inciso in modo considerevole sull’andamento dell’appalto e sui piani operativi di cantiere determinando uno stravolgimento del programma dei lavori originariamente previsto e disagi esecutivi ed organizzativi che avevano sensibilmente condizionato la regolare successione degli eventi, innegabilmente snaturata da irregolari dilazioni dei tempi contrattuali in attesa della compiuta definizione dell’opera, anche mediante la redazione una perizia di variante necessaria a far fronte a sopravvenute/mutate esigenze della Stazione Appaltante. L’impresa restava conseguentemente obbligata a sopportare le maggiori difficoltà ed i relativi oneri derivanti da rallentamenti di cantiere cui la Stazione Appaltante, in qualità di committente, deve mantenere indenne, proporzionalmente alle proprie accertate responsabilità.
Difatti, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, ”Anche nell’appalto di opere pubbliche, stante la natura privatistica del contratto, è configurabile, in capo all’amministrazione committente, creditrice dell’opus, un dovere – discendente dall’espresso riferimento contenuto nell’art. 1206 c.c. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto – di cooperare all’adempimento dell’appaltatore, attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto dall’appaltatore, necessarie affinché quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio. In questo contesto, l’elaborazione di varianti in corso d’opera – di norma costituente una mera facoltà della p.a. (esercitabile in presenza delle condizioni previste dalla legge) – può configurarsi come espressione di un doveroso intervento collaborativo del creditore. “(Cass. civ., sez. I, 29 aprile 2006, n. 10052).
Accertate le prevalenti responsabilità dell’amministrazione appaltante in merito all’anomalo svolgimento dei lavori e alla dilazione dei tempi contrattuali, il Collegio può quindi procedere a dare risposta alle richieste dell’impresa oggetto del quesito n° 2, per la parte in cui esse siano ammissibili e fondate.
[omissis ]
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