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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 17 giugno 2008 n° 75. Appalto integrato con corrispettivo a corpo: contratto non aleatorio – impossibilità di trasferire in capo all’appaltatore le responsabilità derivanti da carenze genetiche del progetto definitivo. Riconoscimento di maggiori compensi dei corrispettivi di appalto per varianti occorrenti a rimediare ad originarie imprevidenze di progetto.

Presidente del Collegio Arbitrale: Prof. Avv. Ferruccio Auletta

Le valutazioni del Collegio non possono prescindere da un inquadramento preliminare del tipo di contratto di appalto anche in relazione alle modalità di pagamento del corrispettivo delle prestazioni originariamente dedotte; trattasi, nella fattispecie, di “appalto integrato” affidato ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett b), l. 11.2.1994, n. 109 e s.m.i., con corrispettivo stabilito “a corpo”.
L’appalto prevedeva la realizzazione di un impianto sovracomunale di trattamento e depurazione delle acque reflue. In particolare, la realizzazione di detto impianto, che contemplava opere civili, elettromeccaniche e impiantistiche con prevalente incidenza economica della parte tecnologica, concerneva il primo stralcio di un progetto più ampio in cui erano anche previste le opere di adduzione dei liquami dall’abitato di YYY fino all’impianto di Bousson di Cesana, queste essendo raggruppate in un secondo stralcio affidato ad altra impresa.
Il corrispettivo “a corpo” era suddiviso, ai sensi dell’art. 2 del Capitolato Speciale di Appalto, in lire 916.963.000 per opere edili, lire 1.684.104.000 per apparecchiature elettromeccaniche e gestione, lire 811.533.000 per opere elettriche.
In considerazione delle peculiari caratteristiche delle opere inerenti il primo stralcio, caratterizzate da una componente impiantistica o tecnologica superiore al 50% del costo complessivo dell’opera, il Comune di YYY, cui era stato demandato dai comuni consorziati l’onere gestionale dell’appalto, aveva ritenuto opportuno affidare congiuntamente al soggetto aggiudicatario la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori.
L’art. 6, lett a) del contratto fissava l’immediata decorrenza del tempo utile, stabilito in centocinquanta giorni naturali e consecutivi per la consegna, da parte dell’affidatario, della progettazione esecutiva relativa all’intera opera, da effettuare in conformità al progetto definitivo. In esito a confronti informali avvenuti tra l’Impresa e i direttori dei lavori sulle problematiche tecniche insorte nella fase della progettazione esecutiva – in occasione dei quali la XXX Srl assume di aver anticipato, sin dal 13.2.1998, le perplessità sull’adeguatezza del progetto definitivo – in data 1.6.1998 veniva ufficialmente trasmesso il progetto esecutivo (acquisito al prot. comunale in data 4.6.1998, n 4638), per il quale, con nota del 2.6.1998, la D.L. si esprimeva nel senso che “è funzionale e rispecchia le indicazioni delle specifiche tecniche del progetto definitivo”. Sicchè, con deliberazione n. 41 del 9.6.1998 la Giunta Comunale riteneva meritevole di approvazione la progettazione esecutiva presentata dalla XXX Srl.
Seguiva, quindi, in data 6.7.1998 la formale consegna dei lavori e nel relativo verbale veniva specificato che i medesimi avrebbero dovuto compiersi entro i successivi 365 giorni naturali e consecutivi e cessanti, perciò, il giorno 5.7.1999.
Il rapporto contrattuale veniva tuttavia segnato da numerose divergenze insorte tra la D.L. e l’Impresa nonchè tra quest’ultima e la Stazione Appaltante, determinate da difformità di interpretazione di clausole negoziali e dal notevole divario nella stima dei corrispettivi di maggiori e differenti lavorazioni eseguite in corso d’opera, sia con riferimento allo svolgimento delle propedeutiche attività di escavazione che a seguito delle modifiche occorse nelle fasi successive, ivi compreso quelle occorrenti per consentire l’adeguamento dell’opera, nella sua parte tecnologico-impiantistica e nelle corrispondenti opere civili, da un sistema di gestione manuale a un sistema automatico, e che avevano indotto il Comune di YYY a imporre alla XXX Srl, nel mese di maggio 2000, a termini contrattuali ormai scaduti, una perizia di variante tecnica e suppletiva.
Le maggiori divergenze scaturivano dalle perplessità che la XXX Srl manifestava in merito all’efficacia del sistema gestionale previsto per l’ impianto e che l’avevano indotta a evidenziare (a pag. 48 del paragrafo intitolato “Conclusioni” della relazione tecnica di dimensionamento posta a corredo del progetto esecutivo approvato dalla Stazione Appaltante) che “il dosaggio manuale dei reagenti chimici non assicura[va] il raggiungimento continuo” dei valori richiesti in uscita di BOD5, TSS, Fosforo, TKN, e che tale obiettivo avrebbe potuto essere raggiunto necessariamente mediante “misurazione della portata in ingresso con dosaggio automatico-proporzionale dei reagenti ove previsti”.La medesima Società si premurava, comunque, di specificare che le opere correlate alla misurazione di portata, raccolta e rilancio dei dreni di disidratazione fossero state riportate graficamente, e però escluse -per l’evidente mancanza di una originaria previsione- dagli oneri di appalto.
Le perplessità dell’Appaltatrice, più volte ribadite nel corso del giudizio, erano determinate dalla circostanza che il costruendo depuratore avrebbe dovuto far fronte, sulla base dei dati desumibili dal progetto definitivo, ai liquami prodotti da una popolazione oscillante da 1000 a 9000 abitanti (in un territorio caratterizzato da afflusso turistico stagionale) con conseguenti variazioni delle portate da sottoporre a trattamento depurativo, le quali un sistema manuale di comando e controllo dell’opera non avrebbe potuto efficacemente gestire e così garantire continuativamente il rispetto delle condizioni imposte dall’art. I.17, comma 1, del Capitolato speciale di appalto, per cui “l’Appaltatore risponderà della funzionalità ed efficienza delle opere realizzate assumendosi ogni responsabilità in merito al funzionamento e rendimento delle opere appaltate e dovrà, quindi, assumersi ogni responsabilità per la perfetta rispondenza di tutte le opere alle necessità dell’impianto in modo da garantire il perfetto funzionamento delle apparecchiature installate”. Pertanto, la repentina mutabilità dei carichi avrebbe potuto correttamente ed efficacemente essere gestita soltanto attraverso innovative tecnologie tali da garantire il rispetto degli standard previsti.
Peraltro, anche nel progetto definitivo posto a base della gara veniva precisato che l’impianto appaltato, basato su un sistema di trattamento biologico dei liquami c.d. a “masse adese”, era stato dimensionato per 9.000 abitanti, e però con garanzia di soddisfacimento delle norme depurative solamente per 200 giorni all’anno mentre il raggiungimento continuo dei parametri di depurazione per l’intera durata annuale sarebbe stato ottenuto mediante la futura realizzazione di una seconda linea di impianto che ne avrebbe elevato la potenzialità complessiva fino a sopportare il carico di tutti i 20.000 abitanti del bacino di utenza. In definitiva, l’Impresa avvertiva la committenza della necessità di ricorrere a una diversa soluzione e, quindi, a significative integrazioni delle componenti elettromeccaniche e impiantistiche.
Il Committente aveva inizialmente mantenuto ferme le posizioni circa l’efficacia dell’originario sistema di gestione manuale, salvo poi a sovvertire nella fase finale, a termini contrattuali scaduti, le proprie determinazioni, resesi caratteristiche per un’ integrale acquiescenza alle proposte di modifica dell’Appaltatrice sotto il profilo tecnologico ma per la coeva imposizione di condizioni economiche unilateralmente adottate con una perizia di variante tecnica e suppletiva che contemplava la trasformazione del sistema di gestione da manuale ad automatico.
Il Collegio ritiene, in linea di principio, che il progetto definitivo predisposto dal Comune di YYY non avrebbe consentito, per il tipo di impianto da realizzare -con caratteristiche quasi prototipali-, il raggiungimento dei requisiti funzionali imposti dal Capitolato Speciale di Appalto, e che l’opera effettivamente realizzata non era esattamente rispondente alle originarie previsioni, non soltanto nella componente impiantistica e tecnologica ma anche in altri e molteplici elementi tecnico-costruttivi, proprio quelli che avevano indotto la XXX Srl, sin dall’emissione del primo SAL, a rivendicare maggiori corrispettivi.
Le carenze iniziali, difatti, congiuntamente a sopravvenienze comunque imputabili alla S.A., si sono riflesse anche nel prezzo fissato a base di gara, il quale è risultato incongruo, basandosi su valutazioni errate per difetto che non tenevano conto delle effettive necessità di sviluppo dell’opera nella fase esecutiva, per come è emerso con riferimento ai manufatti e alle loro caratteristiche dimensionali, alle tubazioni di interconnessione tra i vari comparti, alla sistemazione generale dell’area, ai maggiori scavi imposti con alterazione delle previste modalità operative, agli oneri per la sicurezza, alle interconnessioni con le reti esterne fognaria e idrica, al coordinamento delle attività delle costruende opere con quelle appaltate a terzi dallo stesso Committente, a errori di valutazione delle quote di arrivo dei liquami e di uscita dei reflui depurati, al difetto di appropriata relazione geologica-geognostica: tutte circostanze di cui si dirà più avanti. Sicchè, il progetto definitivo allestito dal Comune di YYY solo formalmente poteva apparire non affetto da carenze; e, soprattutto, la tardiva adozione, da parte della Stazione Appaltante, della perizia di variante destinata ad accogliere i suggerimenti tecnici dell’ Appaltatore prova inequivocabilmente la genetica inadeguatezza sostanziale del progetto definitivo data l’incoerenza tra il medesimo ed i requisiti prestazionali richiesti.
E’ emerso, invero, come l’impianto abbia potuto essere eseguito con la configurazione e le caratteristiche che consentono l’efficace raggiungimento delle prestazioni dovute per contratto solo grazie alla modifica del sistema di gestione (da manuale ad automatizzata), ma con maggiori oneri, evidentemente, rispetto a quelli pattuiti; oneri la cui entità assai rilevante comprova ulteriormente la difettosità iniziale del progetto posto a base di gara, ove si consideri che già in altri casi una crescita dei costi pari a circa il 70% delle previsioni iniziali è stata ritenuta tale da rappresentare un “evidente sintomo di carenza di progettazione, di scarsa efficienza e di economicità dell’azione amministrativa” (Lodo Arbitrale 24 luglio 2002, in Arch. Giur. OO.PP., 2003, pag. 13).
In siffatte circostanze neppure si può escludere, come prospettato dall’attrice, che la consapevolezza della difettosa impostazione originaria del progetto abbia indotto la Stazione Appaltante a eludere gli svantaggi economici connessi, ai sensi dell’art. 25, commi 4 e 5, alle varianti eccedenti il 20% dell’ originario importo contrattuale (donde deriva la risoluzione del contratto con diritto dell’appaltatore a percepire “il pagamento dei lavori eseguiti, dei materiali utili e del 10% dei lavori non eseguiti, fino alla concorrenza dei quattro quinti dell’importo del contratto”); elusione resa possibile per l’adozione di una perizia di variante artificiosamente contenuta entro i limiti di cui all’art. 25, comma 1, lett. c), l. n. 109/1994 e s.m.i., mediante uno svilimento dei prezzi imposti all’appaltatore, conseguendo l’esito di un impianto in grado di sopportare i carichi di tutto il bacino di utenza e rendere, quindi, superflua la successiva realizzazione di una seconda linea depurativa.
La maggioranza del Collegio, in sintesi, non condivide l’eccezione reiterata negli scritti difensivi della parte convenuta secondo cui l’affidamento, con il contratto, della funzione di sviluppo progettuale relativa alla fase successiva rispetto a quella di elaborazione del progetto posto a base di gara, ne avrebbe spostato la responsabilità sull’appaltatore. Giova rammentare, sul punto, che la filosofia di fondo di tutta la vigente normativa sui lavori pubblici pone la progettazione come attività centrale rispetto a quella riguardante l’esecuzione di un opera pubblica, definendone un percorso preciso, in base al quale le scelte assunte in ciascun livello non possono essere smentite nel livello successivo.
Ciò comporta che nel caso di appalto integrato a prevalente componente impiantistica la stazione appaltante debba comunque consentire all’appaltatore di individuare e concretamente attuare, in sede di redazione del progetto esecutivo, le singole parti della componente impiantisca nel rispetto delle prescrizioni e delle prestazioni previste nel capitolato speciale di appalto. In materia, del resto, è principio che sull’ appaltante incombe la predisposizione del progetto definitivo quale secondo livello di approfondimento di un vero e proprio processo progettuale (articolato attraverso le fasi preliminare, definitiva ed esecutiva), che deve sostanziarsi in un documento organico al fine di definire esattamente le condizioni della gara, di determinare il costo dell’opera e di individuare le responsabilità tecniche, economiche, amministrative e contabili. Pertanto, questo fondamentale livello di progettazione ha lo scopo di individuare con esattezza la soluzione progettuale, donde se ai livelli successivi si rendessero necessarie delle modifiche sostanziali, queste non potrebbero che imputarsi a carenze di istruttoria nella fase del c.d. definitivo.
Le disposizioni normative, già vigenti all’epoca dello svolgimento del rapporto contrattuale, non lasciano dubbio in merito alla disposizione imperativa che il progetto definitivo individui “compiutamente i lavori da realizzare nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare” (art. 16, comma 4, l. n. 109/1994), con la conseguenza che “gli elaborati grafici e descrittivi nonché i calcoli preliminari sono sviluppati ad un livello di definizione tale che nella successiva progettazione esecutiva non si abbiano apprezzabili differenze tecniche e di costo” (per come espressamente sancito all’art. 4, comma 4, del più recente regolamento di cui al d.P.R. n. 554/1999).
Il progetto esecutivo, che nella fattispecie è stato affidato all’ Appaltatrice, assume la funzione complementare di determinare “in conformità al progetto definitivo […] in ogni dettaglio i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo” (art. 16, comma 5, l. n. 109/1994).
L’istituto dell’appalto integrato ex art. 19, comma 1, lett b), l. n. 109/1994 con il quale si affida all’aggiudicatario sia la progettazione esecutiva che la realizzazione dei lavori deriva dall’esigenza di coniugare, nei casi contraddistinti da una prevalente complessità tecnologica o impiantistica, le esigenze di esecuzione delle opere con quelle di cantierizzazione dei lavori affinché l’impresa possa essere chiamata ad apportare il suo contributo di esperienza ed organizzazione specifica di settore (“Know how”) specie con riferimento ai particolari costruttivi e/o esecutivi di dettaglio.
Al principio di inalterabilità dell’opus per iniziativa unilaterale dell’ appaltatore -sancito, in primis, dall’art. 342 della Legge fondamentale sui ll.pp., nonchè dagli artt. 20 r.d. 25.5.1895, n. 350, e 13 d.P.R. n. 16.7.1962, n.1063 (ormai abrogati ed attualmente sostituiti dall’art. 134 del d.P.R. 554/1999 e s.m. nonché dall’art. 10 d.m. 19.4.2000, n. 145)- non si sottrae l’ appalto integrato, a proposito del quale la recente disciplina, ai sensi dell’art. 140, comma 3, d.P.R, 554/1999, ha soltanto rimarcato la necessità che “il progetto esecutivo non può prevedere alcuna variazione alla qualità e alla quantità delle lavorazioni previste nel progetto definitivo salvo quanto disposto dal comma 4”. E questa eccezione (comma 4) attiene alla possibilità di apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 25 l. n. 109/1994, tutte caratterizzate dal requisito della “imprevedibilità”, oltre che per il caso di riscontrati errori od omissioni del progetto definitivo; in definitiva, il riferimento alle ipotesi tassativamente previste dalla Legge-quadro importa che le varianti possono avere luogo, ma sempre per iniziativa e in virtù di una facoltà concessa esclusivamente all’Amministrazione, anche su proposta dell’appaltatore.
E’ nell’ambito del contesto normativo sopra delineato che si inscrive il comportamento del Comune di YYY nell’esercizio del ius variandi: la dominante esigenza di contenimento della spesa, già ipotizzabile come notevolmente maggiore nella fase di approvazione del progetto esecutivo a causa delle integrazioni occorrenti a giudizio della XXX Srl per garantire la funzionalità dell’opera, ha indotto l’Ente pubblico a trascurare l’allestimento immediato di una perizia di variante, con integrale rigetto delle richieste del Privato, fino a promuovere, ma a termini contrattuali spirati, la perizia di variante tecnica e suppletiva che ricalcava le proposte di (necessaria) integrazione formulate dall’Impresa, fatta eccezione per i relativi contenuti economici.
Osserva, infatti, la maggioranza del Collegio che il progetto esecutivo era stato oggetto di formale asseverazione da parte della D.L. che aveva dichiarato la conformità del medesimo al definitivo. Ma l’ultimo livello di progettazione conteneva anche le integrazioni occorrenti a sanare le riscontrate carenze progettuali, siccome esplicitate nelle conclusioni della relazione tecnica di dimensionamento dell’impianto. Si tratta, del resto, di onere che rientra in quelli dell’appaltatore, della cui responsabilità si tratta nell’ ipotesi di obiettive carenze del progetto rilevabili con la comune diligenza se non tempestivamente denunciate al committente; sennonchè, ciò dato, le eventuali manchevolezze della stazione appaltante determinano una degradazione del soggetto esecutore al ruolo di nudus minister, che altrimenti concorre con il committente all’assunzione di responsabilità per eventuali vizi e difetti dell’ opera correlati al mancamento di un dovuto rilievo.
D’altronde, se le integrazioni apportate non fossero state ritenute indispensabili il Committente avrebbe potuto ricusare la progettazione esecutiva e pretenderne la rielaborazione, in difetto potendo procedere alla risoluzione del contratto. Perciò, non è consentito sostenere, come preteso dalla difesa del Comune, che le integrazioni apportate implicassero maggiori opere a totale carico dell’impresa in quanto l’offerta della XXX Srl, in sede di gara, era stata formulata sull’ opera riflessa nel progetto definitivo mentre in fase di verifica si era palesata bisognosa di consistenti aggiustamenti.
I più del Collegio manifestano l’avviso che, in occasione dell’approvazione del progetto esecutivo, se non prima, il Comune avrebbe dovuto accertare i costi effettivamente necessari, per l’adozione dei consequenziali provvedimenti. Appare quindi come l’iniziale acquiescenza comunale al progetto esecutivo avesse determinato nell’Appaltatrice il legittimo affidamento sopra azioni amministrative volte a coonestare le modifiche occorrenti: modifiche contenute nelle proposte di variante avanzate dalla XXX Srl senza che, almeno per le prime due, il consenso venisse negato per ragioni diverse da quelle puramente economiche.
Le determinazioni del Comune di YYY si concludevano, allora, con l’ adozione di una perizia di variante senza il preventivo consenso dell’ Impresa, seguita poi dall’ingiunzione del mese di maggio 2000. In proposito, non giova alla Parte pubblica l’eccezione, condivisa dalla componente minoritaria del Collegio, secondo cui la perizia di variante era stata voluta dall’Impresa, considerato che quest’ultima non aveva alcuna possibilità di coazione dell’Ente. Né giova l’ulteriore eccezione circa l’inadeguatezza del progetto esecutivo, erroneamente desunta dal Comune di YYY dagli accertamenti del c.t.u., avendone questi rilevato l’incompletezza per la carenza dei seguenti elaborati: a) relazione generale, b) relazioni specialistiche, c) piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti, d) cronoprogramma, e) elenco dei prezzi unitari, f) computo metrico estimativo, g) quadro economico.
In merito, la maggioranza del Collegio condivide piuttosto le tesi dell’attore circa l’errore in cui è incorso il c.t.u. nella elencazione di elaborati (mancanti) del progetto esecutivo, la cui nomenclatura egli ha tratta dagli artt. 35 e segg. d.P.R. n. 554/1999, entrati in vigore a decorrere dal 28 luglio 2000, così che l’Impresa non avrebbe potuto elaborare, a corredo del progetto, documenti non contemplati nel previgente ordinamento tra cui, ad esempio, il piano di manutenzione dell’opera la cui redazione veniva subordinata, ex art. 16, comma 5, l. n. 109/1999 proprio alle modalità da stabilirsi con l’emanazione del successivo regolamento.
In ogni caso, il progetto esecutivo presentato dalla XXX Srl risulta corredato dal piano di manutenzione di tutte le apparecchiature elettromeccaniche, così come il medesimo contiene il programma dei lavori che coincide, concettualmente, con il cronoprogramma. Analogamente la relazione di dimensionamento dell’impianto già menzionata, indipendentemente dalla sua intitolazione, è il documento corrispondente alla relazione generale dell’opera e le relazioni geologiche, geotecniche, idrologiche e idrauliche elaborate sono sufficienti a comprovare la sussistenza delle relazioni specialistiche per le quali il c.t.u. ha affermato, genericamente, la carenza senza una particolare specificazione delle materie che esse avrebbero dovuto trattare.
Con riferimento agli altri elaborati elencati dall’ing. F. Corsi, quali l’ elenco dei prezzi e il quadro economico, alcuni arbitri osservano che i medesimi, per le loro peculiari caratteristiche, non potevano essere oggetto di modifiche ascrivibili all’appaltatore e, quindi sono rimasti immutati rispetto a quelli del progetto definitivo posto a base di gara, mentre con riferimento al computo metrico va osservato che trattasi di documento privo di forza contrattuale secondo quando imposto dall’art. 22, 2° comma, del d.m. 29 maggio 1895 (“Regolamento per la complilazione dei progetti di opere dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministero dei Lavori pubblici”), con l’espressa disposizione che il capitolato speciale “dovrà essere indipendente dalla stima, dalle analisi e dai computi metrici né riferirsi a siffatti documenti, in quali non devono far parte del contratto”; esclusione che è d’altronde riconfermata anche all’art. 110 d.P.R. n. 554/1999, che è succeduto nella disciplina della materia.
Posto, quindi, che il progetto esecutivo presentato dalla XXX Srl non era carente in parte qua, vi è in aggiunta che gli elaborati indicati come mancanti non hanno avuto alcuna rilevanza sulle maggiori opere eseguite e non ricomprese nell’originario importo “a corpo”.
E’ evidente, quindi, che nell’ appalto integrato con corrispettivo economico stabilito a “corpo” il richiamato principio di inalterabilità dell’opus unitamente alla pattuizione di immodificabilità del prezzo ove l’appaltatore assume, sulla base dei grafici di progetto a base di gara e delle specificazioni tecniche contenute nel capitolato speciale, il carico dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi, e la contemporanea necessità di non sovvertire l’equilibrio del sinallagma negoziale, accentuano il bisogno di un adeguato approfondimento del progetto definitivo, non solo per garantire la possibilità di individuare, in sede di redazione del progetto esecutivo, le singole parti della componente impiantisca nel rispetto delle prescrizioni e delle prestazioni previste nel capitolato speciale di appalto, ma più in generale per assicurare la stessa rispondenza dell’opera agli elaborati grafici e alle caratteristiche tecniche.
Quando, viceversa, emerga il difetto dei presupposti di completezza, determinatezza, certezza e coerenza alle previste caratteristiche prestazionali del progetto posto a base di gara, con l’insorgenza della necessità di procedere a integrazioni o apportare varianti, viene meno l’accollo dei rischi posti in capo all’appaltatore, al quale non è stato consentito di individuare l’esatta consistenza dell’opera e la relativa dimensione economica. La modalità di pagamento del corrispettivo “a corpo” nel sistema dell’appalto integrato e il trasferimento dell’onere della progettazione esecutiva (nella fase successiva all’aggiudicazione) in capo all’appaltatore non trasformano l’appalto in un contratto aleatorio, così che l’interprete deve sempre cercare di far salvo il giusto equilibrio tra gli interessi contrapposti tra le parti nella considerazione che “un appalto pubblico deve fondarsi su elementi tecnicamente attendibili e avere la finalità di scambiare una prestazione con un giusto prezzo” (lodo 14 novembre 1979)
Anche l’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici nella deliberazione n. 51 del 21 febbraio 2002 ha inteso perseguire il principio: “che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera. A conferma di ciò la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione, che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alle tre fasi previste, che comporta un livello revisionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva. La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o di lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore. Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ ultimo alla sua naturale funzione”.
Va soltanto precisato come la modifica dei disegni esecutivi che comporta maggiori lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della formulazione dell’offerta si concretizzi indipendentemente dalla riproduzione grafica delle variazioni occorse, essendo sufficiente, come specificato per inciso dall’ Autorità la variazione dell’ opera “eseguita” rispetto a quella “pattuita”, a condizione che ciò si determini per fatti non imputabili all’appaltatore o per volontà unilaterale del medesimo.
Il principio sopra delineato è confermato dalla consolidata giurisprudenza arbitrale ove è stato affermato che, nella fattispecie dell’appalto “a forfait chiuso chiavi in mano” con prezzo globale a corpo – per sua natura equiparabile alla natura giuridica dell’appalto integrato con un impegno, in genere, ancora più vincolante per l’appaltatore- il contratto “vincola la parte obbligata alla prestazione dell’opus verso un prezzo non suscettibile di modifiche, in relazione ad elementi di controprestazione, che altrimenti darebbero luogo ad un prezzo aggiuntivo; il patto di forfait ha, in sostanza, la funzione di evitare pattuizioni di dettaglio, prevedendo un prezzo tale da compensare altri costi di cui sia omessa l’indicazione in dettaglio, ma pur rientranti nel ragionevole della previsione, oppure piccole variazioni di quantità, tra quelle stimate all’ atto della pattuizione e quelle riscontrate nel corso dei lavori; pertanto è inammissibile l’interpretazione della predetta clausola oltre i termini dell’ economia logica nella quale è stata concepita e risulta ragionevole “ (lodo 2 aprile 1993 n. 32, in Arch. Giur. OO. PP., 1994, pag. 1209); e ancora: “negli appalti di opere pubbliche, l’appalto a forfait ha come essenziale ed indefettibile caratteristica la sussistenza dei necessari requisiti di specificità, esattezza, completezza e definitività di atti prodromici ed esecutivi, in mancanza dei quali spettano all’appaltatore i maggiori oneri sostenuti in dipendenza di circostanze a lui o a nessuna delle parti imputabili” (lodo 23 giugno 2000, in Arch. Giur. OO. PP., 2001, pag. 958; conff. lodo Roma 24 luglio 2002 in Arch. Giur. OO.PP., 2003, pag. 13; lodo Roma 12 dicembre 1996, ivi, 1998, pag. 1139; lodo Roma, 24 dicembre 1998, ivi, 2000, pag. 1359 ).
Da quanto precede si desume che nel regime di appalto sottoposto al giudizio del Collegio gravava sull’appaltatore un rischio maggiore di quello dell’appalto “a misura”, ma le carenze e i vizi nei dati ed elaborati progettuali, correlati anche alla natura e specificità dell’opera, essendo stati individuati nel corso della progettazione esecutiva e dell’ esecuzione, hanno provocato che in queste fasi si è dovuto porre rimedio non solo alle inadeguatezze tecnologiche ma anche alle imperfezioni della progettazione di opere civili e di interconnessione tra queste e quelle meccaniche. Dev’ essere perciò respinta la tesi preliminare di merito del convenuto circa l’ inaccoglibilità di ogni pretesa stante il vincolo di soggezione all’alea che scaturisce dalla pattuizione del corrispettivo “a corpo” e/o dall’obbligazione, assunta dall’Appaltatrice, per la progettazione esecutiva.

[omissis]

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