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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 8 febbraio 2010 n° 17. Disapplicazione parziale della penale per tardata ultimazione dei lavori: scarso interesse dimostrato dalla Stazione Appaltante per il puntuale completamento delle opere.

Collegio Arbitrale costituito da:

Dott. Antonio Baldassarre (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Ing.  Pietrantonio Cristoforo (Arbitro)

4. Quesito n° 2 della domanda arbitrale e domanda riconvenzionale – sulla applicazione della penale
Con il quesito n° 2 l’impresa chiede il riaccredito della (illegittima) penale per ritardata ultimazione dei lavori per complessivi € 46.584,81 – corrispondente ad un presunto ritardo di 902 giorni – comminata dall’Ente Appaltante e, per essa, dalla D.L. in occasione della emissione del 12° SAL, avvenuta in data 23.2.2006.
L’attrice assume, poi, che l’applicazione della penale sarebbe avvenuta con modalità difformi da quelle statuite all’art. 29, comma 4, del Capitolato Generale d’Appalto, ex d.P.R. n° 1063/1962, perché la detrazione economica avrebbe dovuto essere eventualmente applicata in occasione dell’emissione dello Stato Finale dei Lavori e non del SAL.
La ditta XXX sollecita, quindi, la disapplicazione della detrazione operata dalla D.L., anche per effetto della riserva iscritta nel registro di contabilità in data 23 febbraio 2006 con cui veniva eccepito che il ritardo fosse integralmente imputabile a fatti e colpe della S.A., come già contestato nel verbale di ultimazione lavori del 17 marzo 2005; peraltro, nel documento de quo il ritardo era stato quantificato dalla D.L. in giorni 678 e non in giorni 902, questi ultimi assunti a base del computo della penale.
L’impresa assume, infatti, che con nota del 1° marzo 2005 aveva comunicato alla D.L. il completamento delle opere a decorrere dal giorno 28 febbraio 2005 e – a seguito di contraddittorio – in data 17 marzo 2005 quest’ultima certificava l’avvenuta ultimazione dei lavori in conformità alla comunicazione della ditta appaltatrice, pur subordinando l’efficacia del certificato medesimo alla esecuzione di opere di completamento già precedentemente contestate, per la quale veniva assegnato un termine suppletivo di 30 giorni.
Inoltre, nel medesimo verbale, la D.L. quantificava un ritardo di 678 giorni rispetto ai tempi pattuiti, contestato dalla Impresa XXX che, “all’uopo, replicava che tale circostanza fosse riconducibile alla anomala conduzione dei lavori ad opera della Stazione Appaltante, alle variazioni occorse, alle sue continue e ripetute incertezze, anche in ordine alla prospettata possibilità di sottoporre il costruendo immobile ad un cambiamento della sua destinazione d’uso, con consequenziali rallentamenti dei ritmi produttivi di cantiere condizionati da continue rettifiche alla pianificazione del processo produttivo, il tutto in contrasto con i criteri di celerità ed efficacia propri dell’organizzazione aziendale, costretta ad operare in condizioni di disagio operativo. In data 18-19 aprile 2005, veniva effettuato ulteriore sopralluogo in contraddittorio tra le parti e nel relativo verbale la D.L. continuava ad indicare il mancato completamento di alcune lavorazioni, per le quali l’impresa reiterava le proprie controdeduzioni, facendo peraltro rilevare che le opere indicate non fossero affatto necessarie a garantire la funzionalità dell’opera “ (così, prima memoria attorea, pagg. 6-7).
Seguivano, quindi, ulteriori verifiche in contraddittorio tra le parti ed una fitta corrispondenza fatta di ordini di servizio, intimazioni, repliche e controdeduzioni fino a quando, in data 23 febbraio 2006, la D.L. – pur in difetto del completamento delle lavorazioni a suo tempo assegnate – sottoponeva all’impresa un nuovo certificato di ultimazione ove il termine di ultimazione dei lavori veniva individuato alla data del 10 ottobre 2005.
L’impresa si opponeva alla sottoscrizione di detto verbale e, con nota del 15 marzo 2006, eccepiva l’inefficacia del nuovo certificato di ultimazione dei lavori per l’accertamento di una diversa data di conclusione delle attività lavorative, osservando che il medesimo fosse smentito dalla realtà fattuale e dalle risultanze contabili ove le incompletezze lamentate si erano rivelate infondate e, comunque, non erano risultate tali da incidere sull’uso e la funzionalità dell’opera.
La difesa attorea – nella sua prima memoria – assume infine che la Stazione Appaltante non aveva dimostrato un concreto interesse, nell’iter esecutivo di appalto, alla puntuale ultimazione dei lavori (e quindi al suo utilizzo).
L’YYY, da parte sua, contesta il ritardo nell’esecuzione dei lavori – per colpa dell’impresa – e la loro parziale esecuzione formulando, all’uopo, domanda riconvenzionale con cui viene chiesta, in suo favore, il riconoscimento della somma di € 96.116,44 a titolo di penale complessivamente dovutale dall’impresa, per il ritardo corrispondente a 1.862 giorni compresi tra la data del 22 aprile 2003 (in cui avrebbero dovuto compiersi le opere) ed il 31 maggio 2008.
L’accertamento richiesto al Collegio riguarda due diverse questioni: quello della data discriminante, di effettiva (e avvenuta) ultimazione dei lavori e la legittimità dell’applicazione della penale, anche sotto il profilo della sua (eventuale) sproporzionata applicazione.
All’esito di tale accertamento il Collegio ritiene parzialmente fondate le ragioni dell’impresa, sotto diversi profili.
Dagli atti processuali emerge che il termine ultimo per il compimento dei lavori veniva a scadere, in effetti, in data 22 aprile 2003 .
Con nota del 1° marzo 2005 la ditta XXX comunicava alla D.L. l’avvenuta ultimazione dei lavori sollecitando, all’uopo, l’emissione del relativo certificato.
All’esito di tale comunicazione e del successivo contraddittorio effettuato con l’impresa, in data 17 marzo 2005 la D.L. aveva ritenuto di certificare l’ultimazione dei lavori a decorrere da 28 febbraio 2005, pur evidenziando che mancavano ancora da eseguire alcune lavorazioni espressamente indicate; è evidente, dunque, che la D.L. non aveva ritenuto che dette lavorazioni incidessero sull’uso e la funzionalità dell’opera tant’è che, nel verbale di ultimazione de quo, veniva operato un richiamo all’art. 172 del D.P.R. 554/1999 (seppur improprio, stante la sua inapplicabilità al contratto de quo, assoggettato al previgente regolamento n. 350/1895) nella parte in cui si affermava che l’efficacia del certificato medesimo restasse subordinata al completamento di opere elencate in apposito allegato.
Il verbale di ultimazione veniva comunque firmato con riserva dall’impresa .
Nel periodo successivo erano poi sorte contestazioni tra le parti, anche in ordine alla sussistenza di reali obbligazioni dell’impresa ad eseguire alcune delle lavorazioni indicate dal D.L. nel certificato di ultimazione, considerato che la ditta XXX assumeva il difetto di espressa previsione contrattuale per alcune delle lavorazioni rimaste “incomplete”.
Sta di fatto che, a distanza di quasi un anno, restava sostanzialmente immutato lo stato delle opere e la D.L., in data 23 febbraio 2006, riteneva comunque di procedere, in concomitanza alla contabilizzazione dei lavori afferenti l’ultimo SAL – previa detrazione delle lavorazioni non ancora completate – alla redazione di un nuovo certificato di ultimazione il cui unico effetto era, in concreto, quello di differire solo “formalmente” la data ultimazione originariamente accertata al 28 febbraio 2005.
Agli atti del giudizio non è stato prodotto il certificato di ultimazione dei lavori predisposto dalla D.L. in data 23.2.2006, sebbene entrambe le parti confermano detta circostanza, peraltro oggetto di annotazione – da parte della D.L. – lo stesso giorno della sua emissione, nel registro di Contabilità.
Alla luce delle suindicate circostanze, il Collegio reputa illogiche le deduzioni dell’amministrazione convenuta circa un “ulteriore” ritardo nella ultimazione dei lavori, rispetto a quello accertato nel verbale sottoscritto tra i soggetti interessati in data 17 marzo 2005, essendo poi rimasto sostanzialmente immutato lo stato delle opere per il quale, già in occasione dell’originario verbale la D.L. avrebbe potuto operare le detrazioni di € 10.198,98 corrispondenti alle contestate incompletezze – del tutto marginali sotto un profilo economico, anche in relazione all’importo di appalto – come in effetti avvenuto in data 23.2.2006 e, quindi, senza preclusioni alla certificazione di definitiva ultimazione lavori.
Appare evidente, dunque, alla luce dei medesimi comportamenti posti in essere dalla S.A., che tali lavorazioni non potevano pregiudicare la data di concreta ultimazione dell’opera considerato che, diversamente, avrebbero dovuto essere attivate le procedure, previa specifica diffida all’appaltatore, per l’esecuzione dei lavori in danno, ai sensi dell’art. 28 del regolamento n° 350/1985 o, eventualmente, laddove ne fossero stati ravvisati i presupposti, per la rescissione del contratto ai sensi dell’art. 27 del cit. regolamento.
Il convincimento del Collegio è confortato, anche, dalle conclusioni cui è giunto il collaudatore, nel certificato di collaudo del 14 aprile 2009 – esibito in atti, – sulla circostanza che i lavori “sono stati eseguiti a regola d’arte, con buoni materiali e idonei magisteri, salvo i notati difetti e manchevolezze che non sono pregiudizievoli alla stabilità e funzionalità dell’opera per la quale sono state apportate congrue detrazioni”.
In definitiva, le asserite incompletezze non erano state ritenute, dal tecnico incaricato, ostative al collaudo e, dunque, all’accertamento della stabilità e funzionalità dell’opera.
Diversamente, anche quest’ultimo soggetto avrebbe dovuto, ai sensi dell’articolo 102 del Regolamento 350/1895, prescrivere specificatamente all’appaltatore i lavori “….di completamento da eseguirsi assegnandoli un termine perentorio per compierli; e non rilascerà il certificato di collaudo, sino a che da apposita dichiarazione dell’ing. Capo risulti che l’appaltatore abbia completamente e lodevolmente eseguiti i lavori prescrittigli”.
Il collaudatore, però, ha ritenuto di optare per l’ipotesi contemplata alla let c) della citata norma regolamentare (art. 102) emettendo il certificato di collaudo, con defalcazione (in effetti condivisione delle detrazioni già operate dalla D.L.) delle somme corrispondenti ai riscontrati difetti dal credito residuo dell’appaltatore.
Il Collegio è dunque del parere che, alla luce dei suddetti comportamenti, non appare logica la traslazione del termine di completamento dei lavori dalla data del 28.02.2005 al 23.02.2006, essendo sostanzialmente rimasto immutato lo stato delle opere ed i presupposti per la certificazione di ultimazione delle opere.
Accertato, quindi, che le opere sono state ultimate in data 28 febbraio 2005, con un ritardo di 678 giorni rispetto al termine formalmente stabilito tra le parti, occorre verificare se detto ritardo sia imputabile, tutto o in parte, all’impresa e in quale misura debba essere eventualmente comminata la penale.
Al riguardo il Collegio osserva preliminarmente che, con la disamina del quesito n° 1, è stato accertato che nella fase dei lavori corrispondente al periodo 20 maggio 2000 – 30 luglio 2001 , della durata di 441 giorni , l’appalto è stato caratterizzato da un anomalo svolgimento dei lavori per fatti imputabili alla S.A., con una conseguente perdita di produttività del cantiere del 59,81% corrispondente, quindi, anche ad una infruttuosa decorrenza del tempo contrattuale, quantificabile in giorni 264 = 441 gg x 59,81%.
Pertanto, considerata la necessità dell’impresa di recuperare il tempo inutilmente decorso per fatti ad essa non imputabili, è da ritenere che il ritardo complessivo per l’ultimazione dei lavori sia riconducibile, in realtà, solo a 414 giorni = gg 678- gg 264.
Considerato, poi, che appare fondato il rilievo attoreo circa il difetto di un reale interesse della Stazione Appaltante al completamento delle opere e alla loro tempestiva attivazione, anche all’esito della spropositata dilazione delle operazioni di collaudo per fatti ad essa imputabili, e tenuto dell’ambiguo comportamento dell’YYY in ordine alla manifestata volontà, all’impresa, di modificare la destinazione d’uso dell’immobile lasciando – poi – inevase, le richieste di chiarimenti al riguardo, con plausibili incertezze in ordine alla concreta possibilità di una proficua prosecuzione dei lavori, il Collegio ritiene equo operare una parziale disapplicazione della penale nella misura del 50% che, quindi, può essere complessivamente quantificata nell’importo di lire 20.700.000 = lire 100.000/gg (penale giornaliera) x 414 gg x 50%, corrispondente ad € 10.690,66.
In conclusione, a giudizio del Collegio, la domanda dell’impresa deve essere parzialmente accolta e la penale di € 46.584,81 va disapplicata fino alla concorrenza di € 10.690,66 con il corrispondente accertamento del diritto di credito della ditta XXX, verso l’YYY, di € 35.894,15, oltre interessi legali e moratori, ex art. 35 del D.P.R. 1063/1962
Ai fini della decorrenza degli interessi, il dies a quo è individuato alla data del 31esimo giorno successivo al 1° febbraio 2006 in cui è stato emesso il certificato di pagamento n° 14, considerato che la penale comminata dalla S.A. è stata operata in detrazione dall’anzidetto acconto.
L’accoglimento così deliberato è assorbente della domanda riconvenzionale dispiegata dall’YYY.
[omissis]

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