Collegio Arbitrale costituito da:
Prof. Avv. Federico Tedeschini (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Ing. Vincenzo Belmonte (Arbitro)
3. Ad avviso del Collegio, non è neanche ravvisabile, nelle motivazioni addotte dalla Giunta Comunale nella deliberazione n. 168 del 27 marzo 2007, un comportamento inadempiente dell’impresa idoneo a giustificare la risoluzione del contratto in danno.
Infatti, va preliminarmente evidenziato che nel provvedimento de quo la risoluzione del contratto è ricondotta esclusivamente alla fattispecie di cui all’art. 119, comma 6, del D.P.R. 554/1999 (ritardo nei lavori per negligenza dell’appaltatore) sulla base delle seguente motivazioni:
a) arbitraria sospensione dei lavori da parte dell’ATI che all’uopo aveva addotto motivazioni che si erano rivelate infondate (impossibilità di garantire l’alimentazione di energia elettrica al complesso Monumentale nelle more dello spostamento delle cabine esistenti, impossibilità di eseguire le previste palificazioni del Ø 300 senza chiusura al traffico di via Carlo V);
b) rifiuto dell’impresa a sottoscrivere la perizia di variante disposta dal RUP al D.L. con nota del 25.07.2006;
c) richiesta, da parte dell’impresa, di sospensioni o proroghe, che la Stazione Appaltante non aveva ritenuto di accogliere per difetto di obiettive motivazioni;
d) inosservanza dell’ATI alla disposizione, contenuta in apposito nuovo prezzo sottoposto dalla S.A. (controfirmato con riserva dalla ditta XXX), di redigere il progetto esecutivo del ponteggio occorrente a sostenere le attrezzature necessarie ad eseguire le perforazioni nella zona sovrastante le gallerie;
e) l’inosservanza dell’ATI all’ordine del 22.12.2006 del RUP e della D.L. di effettuare, entro venti giorni lavorativi, “….alcune lavorazioni essenziali e propedeutiche alla successiva realizzazione della struttura fuori terra prevista nel progetto appaltato”;
Osserva il Collegio che, in realtà, le motivazioni di cui ai punti a), b), c), sono completamente estranee all’ordine del D.L. del 22.12.2006 quale atto propedeutico – ai sensi del comma 4, del cit art. 119 del regolamento – per l’avvio della procedura di risoluzione del contratto e, comunque, non costituiscono idonei motivi di addebito, neanche ai fini di un eventuale responsabilità per grave inadempimento alle obbligazioni di contratto (che impone un diverso, ma cogente iter procedurale) ai sensi dei commi 1, 2, 3 della medesima disposizione regolamentare.
Infatti, i rallentamenti/sospensioni dei lavori da parte dell’impresa a causa dell’impossibilità di garantire l’integrale alimentazione di energia elettrica al complesso Monumentale del S. Giovanni nelle more dello spostamento delle cabine esistenti e di eseguire (o comunque di completare) le previste palificazioni del Ø 300 senza la preventiva chiusura al traffico di via Carlo V, costituiscono obiettivi impedimenti accertati nel corso del giudizio anche dal CTU e, comunque, eventuali fermi operativi di cantiere imputabili all’appaltatore e retroagenti alla data del 22.12.2006, non erano stati oggetto di tempestivo addebito all’appaltatore con le modalità di cui all’art. 119, commi 4, 5, 6. Ad ogni modo, in riferimento ai medesimi l’Ente Committente ha assunto un comportamento acquiescente (incompatibile con la volontà di risolvere il contratto), anche a seguito dell’avvenuta esecuzione delle opere, i cui presunti ritardi sono stati oggetto di postuma contestazione nel provvedimento deliberativo di rescissione contrattuale.
In riferimento al punto b) il Collegio non ritiene plausibilmente logico né giuridicamente fondata la posizione assunta dal Comune.
Va osservato, infatti, che non esiste un obbligo contrattuale a sottoscrivere l’atto di sottomissione de quo, né alcun altro tipo di appendice contrattuale (atto aggiuntivo, atto integrativo modificativo, verbale di concordamento di nuovi prezzi, ecc.).
Non è possibile, infatti, pretendere da parte dell’appaltatore la sottoscrizione di un’appendice contrattuale che, proprio per la sua indiscutibile natura negoziale, presuppone una libera, consapevole ed incondizionata adesione alle finalità e ai contenuti dell’atto.
Un diversa conclusione minerebbe alle fondamenta i principi basilari di qualsiasi ordinamento giuridico moderno.
D’altronde, il Collegio osserva che qualora si renda necessario apportare variazioni al progetto posto a base del contratto, l’ordinamento riconosce alla stazione appaltante non già il potere di imporre all’appaltatore la sottoscrizione dell’atto di sottomissione (o di altra appendice contrattuale), ma solo – e più ragionevolmente – la facoltà di ordinare l’esecuzione di tutte le variazioni ritenute opportune, con correlato dovere dell’appaltatore “di eseguire tutte le variazioni che il direttore dei lavori gli abbia ordinato” (art. 134.4 DPR 554/1999).
Nel caso di specie, invece, il Comune di YYY, a fronte del rifiuto dell’appaltatore di sottoscrivere l’atto di sottomissione, si è avvalso della facoltà di non apportare alcuna variante al progetto, lasciando inalterate le caratteristiche dei pali trivellati del diametro Ø 300.
Non va poi sottaciuto che il rifiuto dell’appaltatore a sottoscrivere l’atto di sottomissione in difetto della documentazione tecnica di rito e su cui si sarebbe dovuto perfezionare il consenso reciproco delle parti, appare più che legittimo, tanto più che nel caso di specie il D.L. aveva avuto ricevuto espresso mandato, con la nota del RUP del 25 luglio 2006, a predisporre “i calcoli ed i disegni esecutivi per la variazione dei pali del Ø 300, previsti nel progetto in oggetto, con quelli del Ø 20/22”.
Elaborati che, però, non pare siano mai stati predisposti e/o comunque esibiti all’appaltatore.
In riferimento al punto c), il Collegio ritiene superfluo dilungarsi sulla circostanza che le richieste di sospensione dei lavori o di proroga del termine di scadenza contrattuale inoltrate dall’impresa – nell’esercizio della propria facoltà di chiedere adeguamenti della condizione temporale – suscettibili di accoglimento o reiezioni da parte della S.A., non possa costituire motivo di inadempimento contrattuale.
Con riferimento al punto d) il Collegio rileva che l’impresa non aveva alcun obbligo contrattuale di redigere il progetto esecutivo del ponteggio occorrente a sostenere le attrezzature necessarie ad eseguire le perforazioni nella zona sovrastante le gallerie, non previsto nell’appalto originario.
Osserva infatti il Collegio che, nell’appalto di (sola) esecuzione di opere pubbliche, non è possibile il trasferimento in capo all’appaltatore dell’onere di predisporre e fornire il progetto esecutivo e i relativi elaborati, che restano di esclusiva competenza del committente.
L’opinione del Collegio è in linea con i principi affermati dall’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici che, nella deliberazione n. 236 del 06/06/2001, ha addirittura precisato che “la previsione che sposti sull’Impresa appaltatrice la responsabilità della corretta redazione del progetto esecutivo costituisce clausola “tamquam non esset”, fermo restando che l’appaltatore è comunque responsabile dei propri comportamenti in malafede concretizzatisi in omissioni o reticenze, o in assunzioni di responsabilità, superficialmente o dolosamente affermate con la riserva mentale di non rispettare gli impegni assunti”
Infine, con riferimento a punto e), il Collegio rileva che l’ordine di procedere ad alcune lavorazioni propedeutiche alla successiva realizzazione della struttura fuori terra riguarda, di fatto, proprio il ponteggio di cui al punto che precede, con la conseguente impossibilità dell’impresa di poter adempiere, in difetto dei relativi elaborati grafici e tecnici e di una perizia regolarmente redatta ed approvata.
[omissis]
Lascia un commento