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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 6 luglio 2012 n° 62. Anomalo andamento dei lavori: la percentuale di sottoproduzione deve essere quantificata con riferimento all’intera durata del periodo oneroso e non solo alle giornate di effettiva operosità, senza esclusione, quindi, di festività e giorni di piovosità, già contemplati nelle condizioni contrattuali

Collegio Arbitrale costituito da:

Prof. Avv. Mauro Orlandi (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Ing.  Francesco D’Ippolito (Arbitro)

3.2.d. (segue) la riserva n. R1: il quantum.

Accertata l’ammissibilità e la fondatezza della riserva n° R1 limitatamente al periodo della seconda fase (lavori sottesi dal 2° SAL), il Collegio reputa che in relazione a tale periodo l’ATI abbia diritto al risarcimento per i maggiori oneri e danni sopportati per la ridotta attività dovuta all’anomalo svolgimento dei lavori imputabile alla Stazione Appaltante che, come accertato, ha violato sotto più profili l’obbligo di cooperazione.

Secondo consolidata giurisprudenza, cui il Collegio reputa di aderire, il Comune di YYY deve corrispondere all’ATI gli oneri diretti da quest’ultima sopportati per sottoutilizzazione di macchine ed attrezzature, spese generali, inefficace impiego del personale, nonché i danni indiretti in termini di mancato beneficio per l’utile non interamente conseguito. Ciò nei limiti della quota corrispondente alla perdita di produttività, ed in particolare della parte di improduttive spese generali, di improduttivo immobilizzo di macchine ed attrezzature di cantiere ed impiego del personale di cantiere, di mancato o minore utile.

Al fine della quantificazione degli importi dovuti, il Collegio deve preliminarmente verificare ed accertare la perdita di produttività registratasi nella fase in esame sulla base del raffronto tra la produzione giornaliera teorica programmata (pari ad € 22.442,74/giorno, derivante dal rapporto tra l’importo contrattuale ed il tempo assegnato per l’esecuzione), riferibile all’originario impegno contrattuale – e desumibile dalla intrinseca correlazione esistente tra il corrispettivo di appalto ed il tempo di esecuzione dell’opera pattuiti – nell’ipotesi di una normale successione di eventi, secondo uno sviluppo progressivo e lineare -, e quella effettiva ridotta (€ 7.139,94/giorno, derivante dal rapporto tra l’importo dei lavori eseguiti nel periodo sotteso dal secondo SAL, e la durata del periodo de quo) in conseguenza dell’anomalo svolgimento dei lavori.

La perdita di produttività determinata sulla base di tale raffronto è pari al 68,19% derivante dal seguente calcolo = [ (€/gg 22.442,74 – €/gg 7.139,94) / €/gg 22.442,74 x 100].

Il maggior valore della perdita di produttività (68,19%) rispetto a quello rappresentato dall’impresa (64,16 %, rapportato al cumulo delle due fasi) trova giustificazione nel fatto che, nel periodo sotteso al secondo SAL, l’ATI ha sicuramente subito una maggiore contrazione (rispetto al periodo sotteso al primo SAL) della produzione preventivata ma, evidentemente, gli improduttivi oneri (risarcibili) assumono un valore nettamente inferiore a causa del più breve arco temporale indagato.

Il criterio sopra delineato, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, è quindi sostanzialmente identico a quello prospettato dall’ATI nella riserva R1 (e nelle successive riserve R5, R8, R10), fatto salvo il periodo per il quale è ammissibile l’accoglimento della pretesa, investita da parziale decadenza.

La sottoproduzione di cantiere, infatti, è un dato concreto che per sua natura non può che essere quantificato con riferimento alla produzione prevista dall’Appaltatore in sede di gara sulla scorta di uno sviluppo dei lavori lineare e continuativo, secondo le previsioni del programma lavori ed utilizzata per apprestare la relativa organizzazione produttiva.

Al riguardo la giurisprudenza arbitrale si è espressa affermando che “nel caso in cui per il rallentamento dei lavori e la conseguente sottoproduzione l’appaltatore ha dovuto sopportare danni derivanti dal dispendio di risorse economiche necessarie ad adottare soluzioni provvisorie, che tamponassero il rallentamento dei lavori, l’obbligo risarcitorio del committente consegue al diritto dell’impresa di sviluppare i lavori in modo lineare e continuativo in modo da eseguire gli stessi secondo il programma inizialmente previsto” (cfr. sul punto, Arb. Roma, 10-04-2006, in Arch. giur. oo. pp., 2006, 1064).

Con riferimento a tale criterio (e alle conseguenti determinazioni delle improduttive spese sostenute dalla imprese)  la difesa convenuta ha eccepito che nel cantiere non vi sarebbe stato da parte dell’ATI un tasso di produttività medio dato dalla mera divisione tra i 300 giorni naturali e consecutivi proposti in sede di partecipazione e l’offerta economica formulata.

Assume il Comune che nel periodo 7.8.2007-2.6.2008 (comprendente tutti i 300 giorni, naturali e consecutivi consacrati nell’originario impegno contrattuale) l’ATI sarebbe stata operativa sul cantiere per complessivi 162 giorni, considerato che si era limitata a presenziare in cantiere soltanto 5 giorni a settimana (con l’esclusione, quindi, del sabato e della domenica) ed era rimasta inoperosa anche nei periodi festivi e quelli in cui il cantiere era materialmente impraticabile. Le contestate circostanze comporterebbero, quindi, sulla base di “dati virtuali”, una eccessiva quantificazione delle improduttive spese prospettate dall’ATI in rapporto all’intero arco temporale di 300 giorni. Inoltre, secondo le deduzioni comunali, l’ATI avrebbe avuto diritto ad accampare pretese solo nell’ipotesi in cui, alla data del 2 giugno 2008 (e quindi  dopo 300 giorni naturali e consecutivi dalla consegna dei lavori) tutte le lavorazioni fossero state completate ad eccezione di quelle impedite da inadempimenti del committente che – nella specie – ritiene di individuare (esclusivamente) in quelle afferenti la rotatoria A4 per la perdurante indisponibilità delle aree.

Il Collegio ritiene che le suddette eccezioni siano prive di pregio.

Va innanzitutto chiarito che la pattuizione contrattuale di cui all’art. 16, comma 1, del C.S.A.  secondo cui “il tempo utile per dare ultimati tutti i lavori compresi nell’appalto è fissato in giorni 540 (poi ridotti a 300 in applicazione del successivo comma 4) naturali e consecutivi decorrenti dalla data del verbale di consegna dei lavori” non risponde alla finalità – sostenuta dal comune – di obbligare il debitore ad una ininterrotta quotidiana presenza operativa, nel cantiere, ma ha l’esclusiva funzione di stabilire correttamente ed inequivocabilmente le modalità di computo del termine finale di ultimazione. Le locuzioni “naturali e consecutivi” riferite ai giorni contemplati nel tempo utile di ultimazione dei lavori hanno la mera finalità di stabilire che quest’ultimo decorre dalla data di consegna dei lavori senza la possibilità di computare i (soli) giorni utili e, quindi, di escludere quelli feriali o nei quali le lavorazioni siano state impedite per cause non imputabili all’appaltatore.

Del resto, il comma 2 della medesima disposizione capitolare, prevede espressamente che nel calcolo del tempo si è tenuto conto delle “ferie contrattuali” che implicano per definizione l’inoperosità del cantiere. Non può ancora sottacersi che, di norma, la settimana lavorativa nei cantieri edili – a meno di  diversa ed esplicita disposizione capitolare – è rappresentata da cinque giorni lavorativi a settimana, con un impegno settimanale – per ogni operaio – di 40 ore lavorative (8 ore al giorno), in conformità al vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per le aziende edili, cui l’ATI era tenuta ad attenersi, anche in forza dell’art. 56 del C.S.A.

E’ incontestabile, infine, che il tempo utile contrattuale incorpora (anche) i periodi di inerzia per condizioni climatiche avverse ordinariamente prevedibili in relazione alla localizzazione ed alla natura dell’intervento. Infatti, per l’ipotesi di condizioni climatiche avverse che rivestano carattere di eccezionalità e non possono essere evitate con le cautele ed attrezzature normalmente impiegate per le avversità ordinarie, le norme regolamentari (art. 133, comma 1, DPR 554/1999) e capitolari  (art. 24, comma 1, DM 145/2000) dispongono la  facoltà della Stazione Appaltante di sospendere i lavori, come più volte accaduto nel corso dell’appalto (cfr. verbali di sospensione/ripresa dei lavori nei periodi 4.12.2008/15.12.2008, 12.01.2009/4.2.2009, 11.2.2009/16.2.2009, cfr.  docc. 61, 62, 63, 63 bis, 64, 65 di produzione attorea).

E’ di tutta evidenza, quindi, che nel formulare la propria offerta economica, in fase di partecipazione alla gara, l’impresa ha tenuto conto delle suddette circostanzi temporali; va pertanto respinta l’eccezione comunale circa l’inoperosità del cantiere, nei giorni di sabato/domenica e di impraticabilità per condizioni climatiche avverse.

Inoltre, anche a voler accogliere l’eccezione circa la necessità di scorporare (dal computo temporale della operosità/produttività del cantiere) un certo numero di giorni commisurato a tutti i sabati e domenica ed alle condizioni climatiche avverse, appare imprescindibile che detta riduzione debba essere valutata – per omogeneità – sia con riferimento all’ipotesi della produttività teorica giornaliera in funzione dell’originario programma, che in relazione a quella effettiva registrata per effetto dell’anomalo andamento dei lavori. In sintesi, se la produzione teorica giornaliera è quantificata sulla base dell’originario impegno contrattuale depurato della percentuale “X” di giorni non lavorativi, anche la produzione effettiva deve essere rapportata al medesimo periodo (ridotto della percentuale “X”). E’ agevole constatare, mediante semplici operazioni aritmetiche che la perdita di produttività, sia in termini percentuali che assoluti, mantiene lo stesso valore numerico di quello computato per l’ipotesi  in cui si assuma, a base del computo, l’intero periodo contrattuale.

Non è ulteriormente condivisibile, dal Collegio, l’assunto comunale che l’ATI avrebbe avuto diritto ad accampare pretese solo nell’ipotesi in cui, alla data del 2 giugno 2008 (e quindi  dopo 300 giorni naturali e consecutivi dalla consegna dei lavori) tutte le lavorazioni fossero state completate ad eccezione di quelle afferenti la rotatoria A4, considerato che detto principio va esteso a tutta  la produzione che nel medesimo periodo contrattuale (o, analogamente, in frazioni di quest’ultimo) le imprese raggruppate non sono riuscite a realizzare, per responsabilità del Committente.

Occorre considerare che alla data del 31 maggio 2008 e, quindi, allo spirare del termine contrattuale stabilito, l’ATI era stata messa nelle condizioni di eseguire solo una limitata porzione delle opere di progetto, pari al 34% circa dell’importo di contratto (= € 2.268.311,45/ € 6.732.821,50 x100) ed aveva eseguito la grande maggioranza dei lavori della “redigenda” perizia senza disporre, nel frattempo, di alcuna certezza in ordine alla sorte della variante medesima – la cui approvazione (avvenuta il 7 maggio 2008) veniva comunicata dal RUP solo in data 8 luglio 2008 e la cui contrattualizzazione aveva luogo nel successivo mese di settembre. All’ATI, dunque, non era stata garantita la possibilità di recuperare i costi dell’organizzazione produttiva apprestata per eseguire le opere entro i termini pattuiti e che, successivamente, era stata in grado di conseguire accelerazioni produttive diligentemente realizzate, quando si sono verificate le condizioni in occasione dei SS.AA.LL. nn. 3-4-5, nel ristretto arco temporale di circa 5 mesi (giugno – ottobre 2008).

D’altronde, il Collegio rileva che in corso d’opera, la D.L. non ha mai elevato formali contestazioni in ordine ad eventuali ritardi imputabili all’ATI e/o a carenze organizzative della medesima, dovendosi piuttosto riscontrare  la sussistenza di reiterati solleciti di quest’ultima affinché la S.A. si adoperasse per adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali e/o risolvere le problematiche emerse.

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