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Stralcio da lodo arbitrale Roma, 6 luglio 2012 n° 62. Anomalo andamento dei lavori: responsabilità della Stazione Appaltante per la tardata consegna delle aree, il mancato censimento – nel progetto definitivo di appalto – delle interferenze del sottosuolo, la tardiva redazione ed approvazione della indispensabile perizia di variante. Appalto integrato: lo sviluppo del progetto esecutivo, sulla base di una elaborazione posta a base di gara, non inverte comunque la responsabilità sull’appaltatore nell’ipotesi di carenze genetiche del progetto definitivo predisposto dalla Stazione Appaltante

Collegio Arbitrale costituito da:

Prof. Avv. Mauro Orlandi (Presidente) – Ing. Arturo Varzi (Arbitro) – Ing.  Francesco D’Ippolito (Arbitro)

3.1. L’andamento dell’appalto.

La questione centrale di cui è investito il Collegio Arbitrale riguarda la domanda di parte attrice, volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla refusione dei danni economici da essa subiti in conseguenza di un anomalo svolgimento dell’appalto (protrattosi per 660 giorni a fronte dei 300 giorni offerti in sede di gara) segnato dal rallentamento dei ritmi produttivi di cantiere preventivati e da una cospicua dilazione dei tempi contrattuali, imputati a fatti e comportamenti del Comune di YYY. In violazione dei fondamentali doveri di cooperazione, correttezza e diligenza, il Comune avrebbe impedito all’Appaltatore di eseguire la propria prestazione secondo le aspettative maturate in fase di preparazione della gara e poste a fondamento dell’offerta e dell’organizzazione produttiva apprestata per l’esecuzione.

Da parte sua, il Comune oppone che, nonostante lo sforzo collaborativo profuso dal committente, l’andamento dell’appalto sarebbe stato pregiudicato dall’aver l’ATI sottostimato i fattori necessari per il corretto adempimento delle obbligazioni assunte; sarebbe stata apprestata una organizzazione produttiva – in termini di uomini ed attrezzature – del tutto inadeguata, secondo quanto emergerebbe in tutta la sua evidenza dal giornale dei lavori.

Al fine di vagliare l’ammissibilità e la fondatezza delle pretese risarcitorie dell’attrice, l’indagine del Collegio è stata rivolta, in primo luogo a vagliare il comportamento complessivo delle parti sulla base della ricostruzione dell’iter esecutivo dell’intero appalto, al fine di analizzare gli eventi nella loro successione logica, e cronologica.

All’esito di tale indagine il Collegio ha accertato l’esistenza di rallentamenti produttivi nel corso dell’appalto per cui è causa, con conseguente sovvertimento del programma lavori, contrazione dei ritmi produttivi di cantiere e pregiudizievole dilazione dei tempi contrattuali, imputabili al Comune di YYY.

3.1.a. Giova preliminarmente rammentare che nell’appalto di opere pubbliche il concorso del creditore nell’adempimento del debitore (ex art. 1206 cod. civ. ultima parte) assume un carattere particolarmente penetrante. Infatti, l’Amministrazione ha un ruolo di particolare rilievo nell’esecuzione della prestazione, essendo tenuta a garantire all’Appaltatore la possibilità di eseguire l’opera nei modi e termini stabiliti ed a compiere tempestivamente, a tale fine, le attività all’uopo necessarie (cfr. lodo arbitrale Roma, 28 luglio 2010, n. 118, in Arch. giur. oo. pp; lodo arbitrale 12 maggio 1998 n. 43, ibidem), ancorché non espressamente previste da clausole contrattuali (cfr. lodo arbitrale Roma, 21 settembre 2006 n. 72,  in Arch. Giur. oo.pp., 2007 n. 68).

Secondo l’univoco orientamento, cui il Collegio reputa di aderire, tale dovere di cooperazione si esprime nella consegna all’Appaltatore, di tutte le aree interessate dall’esecuzione dei lavori, le quali devono essere integralmente disponibili e libere da impedimenti (cfr. lodo arbitrale Roma, 24 dicembre 2008, n. 183, in Arch. Giur. oo.pp., 2009, 175); come pure nella tempestiva redazione ed approvazione di eventuali perizie di variante necessarie a risolvere i problemi emersi in corso di esecuzione (cfr. lodo arbitrale Roma, 2 aprile 2007, in Arch. Giur. oo.pp., 2007), ed in generale nella pronta rimozione di ogni ostacolo, specie se imputabili al Committente, che si frapponga all’esecuzione o che la rendano particolarmente onerosa (Coll. arb. 8.10.1992, ibidem, 1994, 263; Coll. Arb. 24.06.1998 n. 61, ibidem, 2000, 328); su questa linea, il Committente è tenuto a porre in essere tutti gli adempimenti amministrativi vòlti a garantire la compiuta realizzazione dell’opera (cfr. lodo arbitrale Roma, 8 febbraio 2010, n. 17, in Arch. Giur. oo.pp., 2010, 822).

Tale dovere di cooperazione assume una particolare intensità nell’appalto di opere pubbliche, nel quale l’attività dell’appaltatore è destinata al concorso della pubblica Amministrazione in modo più accentuato che negli appalti privati.

D’altra parte il creditore deve comportarsi secondo le regole della correttezza (art. 1175 Cod. civ.) ed eseguire il contratto secondo buona fede (art. 1375 Cod. civ.); l’inadempimento di tali obblighi comporta la responsabilità del creditore per il pregiudizio che ne sia disceso. L’Amministrazione è tenuta a cooperare per il corretto adempimento della prestazione (Coll. arb. 28.12.1994, ibidem , 1996, 1158; Coll. arb. 29 maggio 1997, ibidem, 1999, 228; lodo arbitrale 26.06.1998 n. 61, ibidem, 2000, 328), collaborando nell’adempimento in modo organico ed ordinato al fine di agevolare il normale andamento dei lavori.

Il dovere del Committente di cooperare nell’adempimento del contratto di appalto si estrinseca essenzialmente nel porre l’appaltatore in grado di eseguire l’opera nei tempi contrattuali (Coll. arb. 17.06.1993, in Arch. giur. oo.pp., 1995, 67; si veda altresì Cass. II, 22 maggio 1998, n. 5112, mass, 1998; Coll. Arb. 12 giugno 1996, ivi, 1998, 318; Coll. arb., 08-08-1991, in Arch. giur. oo. pp., 1992, 1270; Coll. arb., 11-05-1990, in Arch. giur. oo. pp., 1991, 1467, ove si legge che incombe sull’Amministrazione un preciso “dovere di cooperazione”, ampio e continuo, il quale – in materia di opere pubbliche – consiste principalmente nel porre l’appaltatore in grado di eseguire l’opera nei termini contrattuali; cfr. anche Coll. Arb. 3 febbraio 1998, n. 8, in Arch. Giur. Oo. pp., 2000, 19; Coll. arb. Roma, 09-01-1997, in Arch. giur. oo. pp., 1999, 1).

Ai sensi degli artt. 1206, 1175 e 1375 cod.civ., il Committente, deve compiere le attività idonee per conseguire il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio (Cass, Sez. I, n. 29.04.2006, n. 10052; nello stesso senso, anche la Giurisprudenza arbitrale, tra cui, in particolare, si segnalano Coll. Arb. Roma, 06.07.2005, in Arch. Giur. 00. pp., 2006, 6; ColI. Arb. Roma, 12.07.2002, in Arch. Giur. 00.pp., 2003, 871, 6, 612-07-2002; Coll. Arb. Roma, 14.10.2002, in Arch. Giur. 00.pp., 2003, 948).

Con la conseguenza che, nel caso in cui il Committente violi tale dovere, egli stesso deve sopportare il pregiudizio che tale violazione abbia causato al debitore: “dalla violazione del generale obbligo di cooperazione gravante sulla Pubblica Amministrazione, finalizzato a porre in condizione l’appaltatore a provvedere all’ordinata e programmata realizzazione dei lavori, discende la responsabilità della Stazione Appaltante ed il conseguente obbligo di risarcire ed indennizzare l’appaltatore per i danni subiti a causa dell’illegittimo comportamento tenuto dal Committente nell’esecuzione del contratto” (lodo arbitrale Roma, 27 novembre 2006 n. 103, in Arch. giur. oo.pp., 2007, pag. 155; Cassazione Civile 6 aprile 1982, n. 2102, ibidem, 11982, II, 83).

In definitiva, l’attribuzione del rischio delle difficoltà dell’opus all’appaltatore soffre il limite che le maggiori difficoltà non debbono dipendere da fatto dell’amministrazione, non potendo il committente aggravare il rischio dell’appaltatore con il fatto proprio ed il proprio comportamento..

3.1.b.   Nel caso sottoposto alla cognizione del Collegio la successione degli eventi lascia emergere come il Comune non abbia offerto all’ATI nel corso dell’appalto una collaborazione sufficiente,  precludendo  all’Appaltatore di eseguire l’opera nei termini e nei modi programmati e convenuti esponendolo ad oneri di cui deve farsi carico.

3.1.b.1. Il Collegio rileva, in via preliminare, che il Comune non ha garantito la completa disponibilità delle aree interessate dall’esecuzione.

A dispetto dei  solleciti dell’Impresa, che aveva lamentato i problemi connessi a tale indisponibilità (docc. 14, 29, 32, 40 di parte attrice), l’area della rotatoria A4, esclusa dalla consegna dei lavori intervenuta il 7 agosto 2007 (doc. 3 di parte convenuta), non è stata consegnata entro una data compatibile con la scadenza del termine contrattuale originario (2 giugno 2008) né con la scadenza del nuovo termine fissato dalla perizia di variante (31 agosto 2008), ma soltanto il 6 ottobre 2008.

In proposito il Comune ha rilevato che l’indisponibilità di tale area era nota all’ATI, che l’aveva espressamente ed incondizionatamente accettata sottoscrivendo senza riserve il verbale di consegna dei lavori.

Il rilievo non è condivisibile.

Nel verbale di consegna dei lavori si dava atto dell’indisponibilità dell’area del casello ferroviario, ubicato in prossimità dell’incrocio tra via Pascoli e Via Alfieri, e della relativa area di pertinenza, occupate da terzi. Nel medesimo verbale, tuttavia, si confermava che i lavori “devono essere improrogabilmente ultimati e collaudati entro e non oltre il 30-09-2008, pena la revoca del finanziamento da parte della Regione Calabria” (doc. 3 di parte convenuta e doc. 8 di parte attrice). Analoga necessità era già stata espressamente manifestata nella disposizione del RUP del 3 maggio 2007 con la quale – nelle more della stipula del contratto di appalto –  si ordinava all’ATI di dare immediato inizio alla progettazione esecutiva poiché “i lavori appaltati non possono (rectius potevano, n.d.r.) subire ritardi rispetto al termine assegnato dalla Regione Calabria per la loro conclusione e relativa rendicontazione (30/11/2008)”.

Pertanto, in tale contesto, considerato che il Comune di YYY aveva espressamente indicato nel verbale di consegna dei lavori un termine perentorio (che anch’esso dunque si era implicitamente  impegnato a rispettare) per l’ultimazione dei lavori e la conclusione delle operazioni di collaudo, l’ATI non aveva motivo di elevare contestazioni in quella sede, confidando ragionevolmente che il Committente in ossequio al proprio dovere di cooperazione si sarebbe adoperato in tempo utile per la consegna dell’area del casello ferroviario. Peraltro, la temporanea indisponibilità dell’area della rotatoria A4 non poteva essere percepita dall’ATI come un fatto immediatamente dannoso o comunque di ostacolo al compimento delle opere nei termini pattuiti poiché il Comune non aveva dato corso ad una consegna frazionata dei lavori (che sarebbe stata comunque illegittima  in difetto di espressa clausola contrattuale) ex art. 133, comma 6, del D.P.R. 554/1999, con differimento – secondo il precetto regolamentare – del termine a quo per la decorrenza del tempo utile contrattuale alla data di un successivo verbale di consegna definitivo. Al contrario, il Comune aveva confermato che si sarebbero dovuti compiere “in n. 300 gg naturali e consecutivi, a decorrere dal giorno successivo a quello della presente consegna”.

Sotto altro profilo, rileva ancora il Collegio, il fatto contestato dall’ATI non è l’originaria indisponibilità dell’area – appunto accettata senza riserve in occasione della consegna dei lavori – bensì la diversa circostanza che il Comune non ha reso disponibile l’area entro un termine  compatibile con quello previsto per l’ultimazione contrattuale delle opere, nonostante i reiterati solleciti in tal senso rivolti dall’Appaltatore.

In proposito il Comune ha eccepito che l’area è stata resa disponibile quando è stato effettivamente necessario e che comunque la sua indisponibilità non ha creato alcun ostacolo all’esecuzione tenuto conto anzitutto della natura lineare dell’esecuzione – che non ha impedito all’ATI di operare su altri fronti (come risulta dal giornale dei lavori) – e tenuto conto anche della circostanza che tale area, doveva essere interessata dai lavori soltanto alla fine dell’esecuzione in modo da incidere poco sulla viabilità di Via Alfieri. A sostegno della propria deduzione il Comune osserva che anche quando l’area in parola è stata resa disponibile numerose erano le lavorazioni contrattuali che risultavano da eseguire negli altri tratti sui quali pure l’ATI aveva potuto operare (cfr. pagg. 6-9 della comparsa conclusionale); ed infatti i lavori sono stati ultimati ben 8 mesi dopo la consegna dell’area de qua. Quindi, conclude il Comune, indipendentemente dalla disponibilità dell’area in questione, per ragioni di mera disorganizzazione propria, l’ATI ha accumulato un forte ritardo nell’esecuzione.

Osserva il Collegio come l’eccezione del Comune convenuto prescinda da un profilo di oggettivo  rilievo: l’appalto per cui è causa doveva durare 300 giorni e doveva essere connotato da un serrato ritmo esecutivo. Ciò comportava che l’Appaltatore operasse contemporaneamente in aree diverse come peraltro risulta dal programma lavori allegato nel Piano Operativo di Sicurezza predisposto dall’ATI e accettato, o comunque non contestato, dal committente (doc. 95 di parte attrice).

In tale contesto, l’indisponibilità dell’area relativa alla rotatoria A4, protrattasi per tutto il tempo contrattuale originario e di perizia, appare aver obiettivamente  condizionato l’andamento e la durata dell’appalto, secondo quanto emerge dagli stessi atti di proroga, assentiti dal Committente. Il Comune, infatti, ha dovuto disporre un prolungamento del termine di ultimazione delle opere di 224 giorni. Più precisamente, con determina dirigenziale n. 630 del 02 settembre 2008 è stata disposta una proroga di 50 giorni per la “mancata consegna delle aree relative alla rotatoria A4 in corrispondenza dell’incrocio tra il costruendo Viale Parco e la Via Alfieri”; con verbale di sopralluogo congiunto tra il RUP ed il DL del 16 ottobre 2008 è stata concessa una proroga di 130 giorni per il “ritardo nella consegna del casello ferroviario di via Alfieri”; con verbale di sopralluogo congiunto tra il RUP ed il DL del 23 maggio 2009 è stata concessa una ulteriore proroga di 44 giorni per “l’esecuzione in due fasi successive gli attraversamenti pedonali della rotatoria A4” (cfr. relazione di collaudo).

Sul punto il Comune ha eccepito che le proroghe dimostrerebbero soltanto la volontà del Committente di “collaborare” con l’ATI resasi, a suo dire, responsabile di gravi ritardi nell’esecuzione come risulta dalla circostanza che quando sono state disposte le proroghe l’Appaltatore doveva eseguire anche altre lavorazioni.

Tale eccezione non trova riscontro in atti.

Il Collegio osserva, infatti, che nessuna produzione documentale rivela gravi ritardi esecutivi imputabili e/o imputati all’ATI Appaltatrice né vi sono contestazioni in tal senso elevate dal Committente nel corso dell’esecuzione ovvero successivamente.

D’altro canto dalla determinazione del Comune e dai verbali redatti dalla D.L. e dal RUP sopra richiamati emerge chiaramente che la motivazione delle proroghe disposte è dovuta proprio all’indisponibilità dell’area in questione ed alla necessità di ultimare lavorazioni “nuove” disposte dalla D.L. Nessun cenno si fa, al contrario, ad altre supposte cause allegate dal Comune nel corso del procedimento, che quindi rimangono prive di sostegno probatorio o indiziario.

Le risultanza della determinazione e dei verbali dinanzi richiamati, infine, non possono essere superate neppure dall’analisi deduttiva delle risultanze del giornale dei lavori proposta dal Comune. Il convenuto, affidandosi ad un’operazione meramente intellettiva deduttiva sembra far riposare una responsabilità dell’ATI per l’andamento dell’appalto sulle annotazioni del giornale dei lavori; annotazioni che, tuttavia, come si dirà più avanti, presentano profili di incompletezza e incongruenza – con particolare riferimento alla consistenza quantitativa delle macchine del personale di cantiere – piuttosto evidenti che non consentono, comunque, di desumere – come affermato dal comune –  una inadeguata organizzazione dell’ATI.

Infondato, infine, è l’ulteriore rilievo del Comune che allo scadere del termine contrattuale di ultimazione l’ATI non aveva completato il resto delle opere e pertanto l’indisponibilità dell’area della rotatoria A4 sarebbe comunque irrilevante.

Infatti, dalla documentazione versata in atti risulta che l’ATI, allo scadere del termine di ultimazione originariamente pattuito (2 giugno 2008), non aveva ancora completato le opere contrattuali (eseguite solo per il 34% circa) a causa di ulteriori problemi emersi in corso d’opera, a cui la S.A aveva posto tardivo rimedio, nonché delle modifiche progettuali richieste dalla D.L., in accordo con il RUP (cfr. amplius infra), con conseguenze sul programma dei lavori e rallentamenti nell’esecuzione delle opere. E’ sufficiente rilevare, al riguardo, che la perizia di variante destinata al recepimento delle modifiche occorse e/o occorrende per l’esecuzione delle opere impegnava il Comune per oltre 7 mesi, cui si aggiungono i 5 attesi per la contrattualizzazione.

Ed anche a voler prescindere dalle problematiche tecnico-operative tardivamente risolte dal Comune nel periodo pregresso all’approvazione della perizia di variante, non si può tacere che, in difetto di una coordinata rielaborazione del progetto e della acquisizione dei necessari pareri/nulla osta, degli adempimenti amministrativi di competenza comunale, nonché della definizione del nuovo assetto economico dell’appalto, l’ATI non disponeva di un adeguato strumento per una organica e sistematica pianificazione del processo esecutivo.

E’ pertanto comprensibile che, alla data di consegna dell’area di “sedime” della rotatoria A4 (ottobre 2008) l’ATI fosse ancora impegnata nell’esecuzione di altre e diverse opere contrattuali che, per fatti ad essa non imputabili, non erano state realizzate entro i termini originariamente pattuiti. Va ulteriormente soggiunto che una parte del tempo contrattuale era stata altresì assorbita per l’esecuzione delle maggiori e/o diverse opere che sarebbero state oggetto (ex post) della perizia di variante (cfr. per tutti doc.11 e 16 di parte convenuta e docc. 12, 16, 20, 29 e 30 di parte attrice).

Conclude il Collegio, quindi, che, malgrado i solleciti dell’ATI e la consapevolezza della problematica, il Comune di YYY ha reso disponibile l’area della rotatoria A4, interessata dall’esecuzione, oltre un anno di distanza dalla scadenza del termine contrattuale, con ritardo ingiustificato (Cfr. Cass., Sez. I, 1° giugno 1994, n. 5332; Corte App. Roma, 12 marzo 1990, n. 838, in Arch. Giur. OO.PP., 1990, 1088; Trib. Roma, Sez. I, 8 giugno 1982, n. 2704, ivi, 1982, II, 259; Coll. Arb., 1° giugno 1993, n. 56, ivi, 1995, 54), che ha implicato un prolungamento di 224 giorni del rapporto.

3.1.b.2. Rileva ancora il Collegio che il Comune ha disposto numerose modifiche alle opere contrattuali e chiedendone l’esecuzione all’Appaltatore sul presupposto del loro inserimento in una “redigenda perizia di variante” che, preannunciata fin dal 27 settembre 2007 (doc. 12 di parte attrice) e, quindi, poco tempo dopo l’avvio dei lavori, veniva elaborata ed approvata il 7 maggio 2008 (a distanza di quasi 8 mesi), comunicata all’ATI, che pure l’aveva espressamente sollecitata – da ultimo – il 23 maggio 2008, il successivo 8 luglio 2008 (doc. 36 di parte attrice) e contrattualizzata il 3 settembre 2008 (doc. 44 di parte attrice), a distanza di quasi un anno.

3.1.b.2.a. Nell’agosto 2007, a pochi giorni dalla consegna dei lavori, l’ATI segnalava che lo stato di conservazione delle condotte fognarie presenti nelle aree interessate dall’esecuzione del rilevato stradale impediva la realizzazione dei lavori oggetto dell’appalto (docc. 10, 10bis e 10ter di parte attrice). Il Comune individuava la soluzione tecnica da adottare in data 23 ottobre 2007 (doc. 16 di parte attrice), dopo un periodo di sostanziale inattività di circa due mesi. L’ATI dava corso alle nuove lavorazioni ma, in assenza della formale predisposizione ed adozione della perizia di variante, essa operava in base alle sole istruzioni impartite dalla D.L.

Eccepisce in proposito il Comune convenuto che di tale problematica avrebbe dovuto farsi carico l’ATI che in qualità di progettista esecutivo era responsabile del rilievo di eventuali interferenze, reti di sottoservizi (per questi ultimi anche in forza di espressa obbligazione capitolare) e di una corretta progettazione, completa e scevra da errori. Oppone, quindi, il Comune, che la denunzia di tale problematica, da parte dell’ATI,  testimonierebbe pacificamente l’inadempimento di quest’ultima alle proprie obbligazioni progettuali e contrattuali.

In disparte la circostanza che nel corso dell’esecuzione nessuna contestazione in tal senso è stata rivolta all’ATI – la nota prot. n. 29489 del 10 agosto 2007 prodotta sub doc. 5 del convenuto non risulta aver avuto seguito alcuno, il Collegio rileva che l’eccezione è priva di pregio prima che infondata.

Risulta dagli atti che la problematica ostativa denunciata dall’ATI era quella afferente la presenza di condotte fognarie fatiscenti presenti perché il loro cattivo stato di manutenzione comportava la fuoriuscita di liquami e quindi impediva il regolare avanzamento dei lavori. Tale circostanza non era in alcun modo prevedibile in sede di progettazione esecutiva ed era emersa solo a seguito delle attività di pulizia delle aree, come espressamente dichiarato dal D.L. al punto n. 2.1 della relazione tecnica a corredo della perizia di variante perizia “durante il corso dei lavori di decespugliamento e scotico è emersa la presenza di n. 2 fognature esistenti, interessanti la nuova sede stradale in fase realizzativa e in cattive condizioni di funzionalità (…) si è reso necessario intervenire immediatamente attraverso un dispositivo da parte della DL, sentito il RUP, con cui si è ordinato all’impresa di eseguire il nuovo collettore lungo la base della scarpata a valle della sede stradale in quanto lo stato di usura e di consistenza delle condotte esistenti e la loro scarsa funzionalità non era prevedibile al momento della definizione progettuale e non potevano rimanere condotte mal funzionati al di sotto della nuova carreggiata stradale. Tali lavorazioni risultavano peraltro propedeutiche alle lavorazioni previste in progetto” (doc. 36 ter di parte attrice). La lavorazione di sostituzione delle condotte fognarie, cioè, non era stata prevista dall’ATI nel progetto esecutivo perché non rientrava tra le lavorazioni contemplate nel progetto definitivo posto a base di gara né l’ATI avrebbe potuto quindi in alcun modo autonomamente prevederla giusta il disposto dell’art. 13.3 del Capitolato Speciale di Appalto ove è stabilito che “il progetto esecutivo non può prevedere alcuna variazione delle quantità e qualità delle lavorazioni previste nel progetto definitivo”.

Fermo restando l’assorbente contenuto della clausola capitolare circa l’immutabilità  – da parte dell’ATI – del progetto definitivo, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte convenuta, il Collegio è dell’opinione che l’affidamento della funzione di sviluppo progettuale esecutivo dell’opera, sulla base di una elaborazione definitiva posta a base di gara, non inverta la responsabilità sull’appaltatore nell’ipotesi di eventuali carenze del progetto di gara. Giova rammentare come la disciplina vigente consideri la progettazione come attività centrale rispetto all’esecuzione di un opera pubblica, definendone un percorso preciso.

Nel caso di appalto integrato, la stazione appaltante deve comunque consentire all’appaltatore di individuare e concretamente attuare, in sede di redazione del progetto esecutivo, le singole parti dell’opera nel rispetto delle prescrizioni, delle prestazioni previste nel capitolato speciale di appalto e delle opere identificate negli elaborati grafici e tecnici del progetto definitivo. La predisposizione del progetto definitivo incombe sulla stazione appaltante; essa costituisce il secondo livello di approfondimento di un vero e proprio processo progettuale (articolato attraverso le fasi preliminare, definitiva ed esecutiva), volto a  definire esattamente le condizioni della gara, determinare il costo dell’opera, individuare le responsabilità tecniche, economiche, amministrative e contabili. Tale fondamentale livello di progettazione ha lo scopo di individuare con esattezza la soluzione progettuale; con la conseguenza che se ai livelli successivi si rendessero necessarie delle modifiche sostanziali dell’opera, queste non potrebbero che imputarsi a carenze della progettazione definitiva.

Anche le disposizioni normative non lasciano dubbio in merito alla disposizione imperativa che il progetto definitivo individui “compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare” (art. 93, comma 4, d lgs 163/2006), con la conseguenza che “gli elaborati grafici e descrittivi nonché i calcoli preliminari sono sviluppati ad un livello di definizione tale che nella successiva progettazione esecutiva non si abbiano apprezzabili differenze tecniche e di costo” (per come espressamente sancito all’art. 4, comma 4, del regolamento di cui al D.P.R. n. 554/1999).

Il progetto esecutivo, che nella fattispecie è stato affidato all’ Appaltatore, assume funzione complementare in quanto “in conformità al progetto definitivo determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo” (art. 93, comma 5, d lgs 163/2006).

L’istituto dell’appalto integrato ex art. 53, comma 2, lett b), l. d lgs 163/2006 con il quale si affida all’aggiudicatario sia la progettazione esecutiva che la realizzazione dei lavori deriva dall’esigenza di coniugare, in genere nei casi contraddistinti da una  prevalente complessità tecnologica o impiantistica, le esigenze di esecuzione delle opere con quelle di cantierizzazione dei lavori affinché l’impresa possa essere chiamata ad apportare il suo contributo di esperienza ed organizzazione specifica di settore (“Know how”) specie con riferimento ai particolari costruttivi e/o esecutivi di dettaglio.

Del resto, al principio di inalterabilità dell’opus per iniziativa unilaterale dell’ appaltatore, già sancito dagli artt. 134 del D.P.R. 554/1999 e  10 del d.m. 19.4.2000, n. 145, non si sottrae l’appalto integrato, a proposito del quale la disciplina regolamentare, ai sensi dell’art. 140, comma 3, D.P.R, 554/1999 (integralmente recepito all’art. 13 del C.S.A.)  ha rimarcato la necessità che “il progetto esecutivo non può prevedere alcuna variazione alla qualità e alla quantità delle lavorazioni previste nel progetto definitivo salvo quanto disposto dal comma 4”.

Tale eccezione (comma 4) ha riguardo alla possibilità di apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 132, comma 1, d lgs 163/2006, segnate (a parte il caso di errori od omissioni del progetto definitivo) dal requisito della “imprevedibilità” il riferimento alle ipotesi tassativamente previste dalla legge implica che le varianti possono avere luogo soltanto su iniziativa all’Amministrazione. In tale contesto normativo si inscrive coerentemente il comportamento del Comune di YYY nell’esercizio del ius variandi pervenendo – a distanza di un notevole lasso di tempo dalla segnalazione effettuata dall’ATI – alla determinazione di sostituire le fatiscenti condotte fognarie, la cui esecuzione non era contemplata nel progetto definitivo.

Il Collegio osserva per completezza che, con riferimento alle condotte fognarie in parola, nessun inadempimento può essere ascritto alle imprese per inosservanza dell’art. 61, comma 1, lett. u), e comma 2 del CSA – secondo quanto assunto dalla difesa comunale –  considerato che, in base a tali disposizioni, “incombeva sulla medesima ATI l’assunzione, prima di iniziare i lavori, di tutte le informazioni necessarie, presso gli enti erogatori o comunque interessati al servizio, ad individuare le presenza di sottoservizi nell’area interessata dai lavori, così come incombeva sulla stessa ATI (…) l’onere di ‘richiedere, prima della realizzazione dei lavori, presso tutti i soggetti diversi dalla Stazione Appaltante (…) interessati direttamente od indirettamente ai lavori, tutti i permessi necessari ad eseguire tutte le disposizioni emanate dai suddetti per quanto di competenza, in relazione all’esecuzione delle opere e alla conduzione del cantiere” (cfr. pag. 14-15, memoria di costituzione e difensiva del Comune).

Tali disposizioni disciplinano comportamenti cui l’ATI avrebbe dovuto dare corso in fase di esecuzione dei lavori per evitare di danneggiare i sottoservizi di Enti terzi, estranei al rapporto contrattuale. In ogni caso, è incontestabile che l’ATI ha dato esatta esecuzione anche alle disposizioni in questione, provvedendo con tempestive comunicazioni, a richiedere anche al Committente (sebbene non tenuta) le verifiche sui servizi (le condotte fognarie) di sua pertinenza.

3.1.b.2.b. Il 27 settembre 2007 (doc. 12 di parte attrice) la D.L. disponeva anche l’abbassamento della livelletta di progetto, che interessava il 40% del tracciato esecutivo (docc. 36quinquies di parte attrice), e la demolizione del ponte ferroviario.

La modifica della livelletta, come riportato nel punto n. 2.2 della relazione tecnica di perizia (doc. 36ter di parte attrice), derivava dalla necessità di adeguare il progetto in esecuzione ai Piani di Attuazione Urbanistica adottati in concomitanza con la consegna dei lavori oggetto dell’appalto; essa pertanto non è imputabile ad errori od omissioni dell’ATI in fase di progettazione, ma ad esigenze soggettive della Stazione Appaltante che, in considerazione del complesso iter procedurale cui soggiacciono le varianti urbanistiche, era (o comunque doveva essere) certamente a conoscenza delle necessità di adeguamento del progetto definitivo, prima ancora che fosse asseverata la congruità del progetto esecutivo.

3.1.b.2.c. Neanche la demolizione del ponte in ferro preesistente sul torrente Surdo può essere ascrivibile ad un deficit della progettazione esecutiva, perché tale esigenza è sopravvenuta in corso d’esecuzione. Come risulta dalla nota del 27 settembre 2007, nel richiedere al Comune di YYY l’autorizzazione a redigere perizia di variante, la D.L. manifestava la necessità di rimuovere il ponte esistente in ferro, che si decise di dismettere “in alternativa al previsto “riuso” da parte dell’Amministrazione Comunale”.

3.1.b.2.d. Anche in conseguenza dell’anzidetto abbassamento della livelletta di progetto, il Comune disponeva il nuovo dimensionamento del costruendo ponte sul fiume Surdo, con allargamento delle fondazioni delle spalle di progetto e conseguente necessità di un nuovo calcolo strutturale – e quindi di un nuovo deposito presso il Genio civile – come si legge nel punto 2.3 della relazione tecnica di perizia (doc. 36ter di parte attrice).

Il Comune ha eccepito che la modifica in questione sarebbe stata ininfluente rispetto all’esecuzione dello scavo di sbancamento del ponte Surdo poiché, come risultato anche dalla prova per testimoni, essendo stata disposta mentre l’ATI realizzava le lavorazioni di contratto, non avrebbe comportato alcun disagio né ritardo per l’esecuzione.

L’ATI rileva che, non assistita dalle necessarie procedure espropriative preliminari, tale modifica avrebbe procrastinato l’esecuzione dei lavori del ponte Surdo di circa 4 mesi.

Rileva il Collegio che secondo il programma lavori l’esecuzione del nuovo ponte doveva essere completata nel secondo trimestre esecutivo ossia nel periodo novembre 2007 – gennaio 2008 (doc. 95 di parte attrice). Dal giornale dei lavori risulta invece che il completamento del ponte è stato traslato di almeno quattro mesi. Circostanza questa che trova conferma nel “nuovo” programma lavori (oltre che nel giornale dei lavori) redatto dall’ATI in esito alla variante e non accettato dalla D.L. perché contemplava prolungamenti maggiori di quelli convenuti nell’atto di sottomissione (doc. 37bi di parte attrice).Anche a voler prescindere dall’eventuale incidenza, sui ritardi accumulati per l’esecuzione del manufatto strutturale, della disponibilità dei terreni interessati dai nuovi lavori per l’allargamento delle aree di “sedime” delle fondazioni (su cui si tornerà infra), emerge dai documenti in atti che la modifica disposta dalla D.L. in accordo con il RUP il 26 novembre 2007 non era assistita né dal parere dell’Autorità di Bacino della Regione Calabria, richiesta soltanto con nota del 4 dicembre 2007, né dal necessario deposito (con relativa attestazione) dei nuovi calcoli strutturali presso il Genio Civile, acquisita soltanto il 21 aprile 2008. L’indisponibilità di tali atti amministrativi, l’acquisizione dei quali competeva alla Committente, ha determinato il protrarsi delle lavorazioni del ponte Surdo che non poteva evidentemente essere completato prima della conferma delle verifiche idrauliche e strutturali e dei correlati adempimenti burocratici.

3.1.2.b.e.  Tutti gli interventi modificativi del progetto esecutivo dell’opera, predisposto dall’ATI ed approvato dal Committente stesso, sopra elencati sono stati realizzati dall’ATI a proprio rischio e pericolo seguendo le indicazioni della D.L. Il procedimento di elaborazione, approvazione e contrattualizzazione della perizia di variante, in fase di redazione sin dal 27 settembre 2007, ha impegnato il Comune convenuto per quasi un anno, senza che fosse neppure disposta la sospensione delle attività. Circostanza quest’ultima  di oggettivo rilievo, se si considera il silenzio serbato dal Comune convenuto dinanzi alle reiterate richieste dell’ATI in tal senso ed alla espressa diffida all’adozione di una perizia risolutiva rivolta dall’ATI il 23 maggio 2008 (doc. 29). Diffida rimasta priva di riscontro, posto che la comunicazione di approvazione della perizia è intervenuta soltanto il successivo 8 luglio.

La complessiva condotta del Comune appare difforme dal generale dovere “di cooperare all’adempimento dell’appaltatore, attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto dall’appaltatore, necessarie affinché quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio”(Cass., sez. I, 29 aprile 2006, n. 10052; Cass., Sez. I, 26 agosto 1997, n. 8014; Cass., Sez. I, 18 maggio 1994, n. 4869). Il Comune  non ha prontamente modificato il progetto originario, così precludendo all’Appaltatore di avere esatta contezza dei modi e dei termini di ultimazione dell’opera, onde poter organizzare autonomamente l’esecuzione in funzione di essi, e determinando un’esecuzione a “regia” e rischio dell’impresa.

3.1.b.3.  Rileva ancora il Collegio che il Comune ha anche disposto nel corso dell’esecuzione (ulteriori) molteplici interventi modificativi di varia natura: le canalizzazioni di raccolta delle acque bianche sulla carreggiata e sulle piste ciclabili/pedonali e la costruzione di due cavidotti per l’alloggiamento di servizi ENEL, Telefonici, Italgas, Idrici e Fibra ottica, disposte il 19 dicembre 2007(doc. 22 di parte attrice); il nuovo posizionamento dei pali di illuminazione e nelle rotatorie A1 e A4, disposto con OdS n. 1 del 16 maggio 2008 e nota del 17 giugno 2008 (doc. 28 -31 di parte attrice); i pali di pubblica illuminazione, le panchine, i cestini portarifiuti, disposti con OdS n. 2 del 9 settembre 2008 (doc.. 45 e 46 di parte attrice), la rimozione della tubazione in pead corrugato Ф 600, già predisposta sul lato di valle della corsia di Via Pascoli, per posare una nuova condotta a monte, diametro Ф 800 che andasse a sostituire anche la tubazione (di cemento) ivi esistente, disposta il 6 ottobre 2008 (doc. 50 di parte attrice), gli accessi al distributore di carburante ESSO, l’esecuzione di ringhiere di protezione sui muri in calcestruzzo armato della rotatoria A4, disposti il 14 aprile 2009 (doc. 70 di parte attrice).

Tali disposizioni, secondo il Comune, non avrebbero alcun rilievo perché afferenti a variazioni assolutamente modeste e di dettaglio ammesse legittimamente dalla disciplina contrattuale.

Reputa il Collegio che l’eccezione non sia pertinente. Le modifiche sopra indicate effettivamente si riferiscono ad interventi di dettaglio che sarebbero stati probabilmente ininfluenti in un appalto che avesse avuto un corso “normale”. Nel caso di specie, tuttavia, connotato dall’impossibilità dell’Appaltatore di adempiere la prestazione nei modi e nei termini convenuti per le condizioni di disagio operativo e gestionale causate dal Committente che non ha reso completamente disponibili le aree di intervento ed ha progressivamente vanificato il progetto esecutivo approvato che l’Appaltatore avrebbe dovuto eseguire senza sostituirlo, tali variazioni sono ulteriormente sintomatiche delle difficoltà create dal Committente all’adempimento della prestazione. Le anzidette modifiche, infatti, intervenute in modo in modo estemporaneo e disorganico, soprattutto dopo l’approvazione della perizia – evidentemente non risolutiva -, hanno concorso ad alterare i confini della prestazione a suo tempo assunta ed hanno impedito all’ATI di recuperare la gestione autonoma dell’esecuzione.

Tali interventi hanno anche concorso a determinare il prolungamento del vincolo contrattuale. La proroga (di 130 giorni) del termine di ultimazione fissato con la perizia di variante è chiaramente dovuta anche alla necessità di completare tali interventi.

In tal senso assume scarso rilievo la controversia  in ordine alla responsabilità per il corretto posizionamento dei pali di illuminazione (se ascrivibile al progetto esecutivo e, quindi, all’ATI o a quello definitivo e, quindi, al comune). Dalla documentazione versata in atti non è possibile accertare se il non corretto posizionamento dei pali fosse riconducibile a carenze del progetto definitivo o esecutivo. Alla luce delle considerazioni che precedono, tuttavia, il Collegio ritiene superfluo l’approfondimento di tale circostanza rispetto alla quale la comprovata dilazione temporale dei lavori ed il comprovato sconvolgimento dell’esecuzione causato dal riferito contegno del Comune assumono assorbente rilievo.

3.1.b.4. Risulta infine dagli atti di causa che il Comune si è sottratto all’adempimento puntuale della propria obbligazione di pagamento lasciando che l’ATI sopportasse nell’immediato anche il peso economico dell’andamento anomalo dell’appalto.

I documenti prodotti rivela che il Committente ha provveduto alla contabilizzazione ed alla liquidazione dei corrispettivi tempistiche nei seguenti termini:

  • al SAL n. 1, emesso il 31 ottobre 2007, seguiva il certificato di pagamento n. 1 emesso il 8 gennaio 2008 e liquidato il 5 febbraio 2008, a distanza di 28 giorni;
  • al SAL n. 2, emesso il 10 giugno 2008, seguiva il certificato di pagamento n. 2 emesso il 20 giugno 2008 e liquidato in due acconti del 16/25 luglio 2008 e del 25 novembre 2008, a distanza, rispettivamente di 30 e 158 giorni;
  • al SAL n. 3, emesso il 14 luglio 2008, seguiva il certificato di pagamento n. 3 emesso il 21 luglio 2008, e liquidato il 25 novembre 2008, a distanza di 127 giorni;
  • al SAL n. 4, emesso il 28 agosto 2008, seguiva il certificato di pagamento n. 4 emesso il 1 settembre 2008 e liquidato in due acconti il 2 dicembre 2008 e l’11 giugno 2009, a distanza rispettivamente di 92 e 283 giorni;
  • al SAL n. 5, emesso il 21 novembre 2008, seguiva il certificato di pagamento n. 5 emesso il 13 gennaio 2009 e liquidato in due acconti rispettivamente il 11 giugno 2009 e il 2 settembre 2009;
  • al SAL n. 6, emesso il 30 marzo 2009, seguiva il certificato di pagamento n. 6 emesso il 30 marzo 2009 e liquidato il 2 settembre 2009, a distanza di 156 giorni.

Emerge dalla documentazione in atti che l’ATI, a più riprese, ha richiamato il Comune al rispetto della propria obbligazione di pagamento ed a porre in essere tutte le attività conseguenti.

In particolare, con la nota 23 maggio 2008, l’ATI rimarcando la propria disponibilità ad anticipare, come richiesto dal RUP e dalla DL, l’esecuzione delle lavorazioni della “redigenda” variante, che ancora tardava ad arrivare, segnalava come tale ritardo, a prescindere dalle ripercussioni tecniche ed organizzative, precludeva anche il pagamento del corrispettivo maturato (per oltre € 2.000.000,00) ed invitava l’Amministrazione ad attivarsi in tal senso emettendo il SAL n. 2 (doc. 29 di parte attrice)

Analoga richiesta seguiva il 3 giugno 2008 (doc. 30 di parte attrice).

Il Comune non riscontrava le note dell’ATI, ma provvedeva a versare un acconto sul certificato di pagamento n. 2.

Il 31 luglio 2008 ed il 6 agosto 2008 l’ATI sollecitava il saldo dei certificati nn. 2 e 3 già emessi (doc. n. 40 e 43 di parte attrice).

Ulteriori solleciti l’ATI rivolgeva il 26 novembre 2008 ed il 1 dicembre 2008, segnalando che con riguardo ad un credito maturato per complessivi € 5.691.026,00 (fino al SAL n. 4) erano state liquidate somme per soli € 1.613.718,70, con grave pregiudizio economico per l’Impresa. (docc. 57 e 59 di parte attrice). L’ATI pertanto sospendeva l’esecuzione in attesa del pagamento del certificato n. 4.

Il Comune versava un acconto e l’ATI riprendeva l’esecuzione.

Non seguivano né altri pagamenti né spiegazioni.

In data 14 marzo 2009, pertanto, l’ATI diffidava in via ultimativa l’Amministrazione al pagamento degli importi dovuti (per € 2.517.237,27, oltre IVA) ed all’emissione del SAL n. 6, avvertendo che in caso di mancato pagamento avrebbe disposto la sospensione dei lavori dal 1 aprile.

Non avendo ricevuto riscontro l’ATI sospendeva i lavori, salvo poi riprenderli il 6 aprile con l’impegno del Comune di saldare il proprio debito entro il successivo 25 aprile, per evitare una nuova sospensione dei lavori (docc. 66 e 69 di parte attrice).

Il Comune non manteneva il proprio impegno e l’ATI sospendeva i lavori il 22 maggio 2009, per poi riprenderli immediatamente per ultimarli ed ottenere diversi mesi dopo il pagamento dei corrispettivi maturati.

Reputa il Collegio che il contegno omissivo del Comune, nel contesto dell’appalto per cui è causa, configura anch’esso inadempimento  al dovere di cooperazione e correttezza e riversa sull’Appaltatore il rischio anche economico dell’anomala esecuzione. Quest’ultimo, invero, si è trovato ad eseguire a braccio opere diverse da quelle contrattualmente programmate e convenute senza avere neppure a disposizione i mezzi finanziari per sostenere la propria organizzazione produttiva. In tal senso è sufficiente rilevare che al 1 settembre 2008 (spirato il termine di ultimazione contrattuale aggiornato dalla perizia), l’Impresa aveva eseguito lavori per oltre € 5.000.000,00 percependo soltanto poco meno di € 1.500.000,00.

3.1.c.   Le circostanze che precedono, ad avviso del Collegio, lasciano discendere come l’anomalo andamento dell’appalto, che ha condotto alla protrazione del vincolo contrattuale per 360 giorni, pari al 120% del termine originario, alla perdita di rimuneratività del corrispettivo ed a conseguenti maggiori oneri per l’ATI, è imputabile al Comune di YYY. L’Appaltatore è stato indotto a eseguire prestazioni «a regia» per quasi un anno. Il Committente, poi, una volta approvata la perizia, ha omesso i doverosi e tempestivi interventi e comportamenti per agevolare la sollecita conclusione del contratto, che si è invero protratto a dismisura in attesa della liberazione di aree interessate dall’esecuzione fin dall’origine, per l’esecuzione di nuove lavorazioni progressivamente disposte ed anche in attesa che il Comune versasse all’Appaltatore il dovuto corrispettivo maturato. Tale contegno da un lato ha impedito l’esecuzione dell’opera nei termini contrattuali convenuti; d’altro lato, esso ha costretto l’ATI ad un impiego prolungato, inefficiente ed inefficace della propria organizzazione produttiva.

L’appaltatore ha diritto al risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione frazionata e ritardata dell’opera, determinata da ritardi decisionali, disfunzioni e scarsa collaborazione della committente” (T. Torino, 13-04-1987, Giur. piemontese, 1988, 193; Coll. arb., 08-10-1982, Arch. giur. oo. pp., 1983, III, 27). Ed in particolare “nel caso in cui la committente ritarda, protrae o impedisce del tutto l’esecuzione dei lavori, anche attraverso un comportamento omissivo, l’impresa va tenuta indenne, oltre che dei maggiori oneri derivanti da tale comportamento, anche dello slittamento e della dilatazione dei tempi di esecuzione improduttivamente trascorsi, nonché dei costi dipendenti dal rallentamento della produzione” (Arb. Roma, 21-07-1998, Arch. giur. oo. pp., 2000, 1211).

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